Calendario

Dicembre 2025
L M M G V S D
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
293031  

Archivio

Archive Page 48

Pascoli, il poeta degli amori negati

Nell’anno in cui ricorre il primo centenario della morte di Giovanni Pascoli (6 aprile 1912) pubblichiamo il saggio di Alessandro Casavola Pascoli, il poeta degli amori negati”.

(da due articoli già apparsi su la rivista «L’Eco» nei mesi di maggio e giugno 2006)

La morte di Giovanni Pascoli, avvenuta nella notte del sabato santo del 1912, ebbe una sorta di sacra scenografia. Maria destina a sé un angolo dell’unico avello, in Castelvecchio. E in attesa della sua fine, quarantuno anni di attesa, dopo aver pregato introduceva, a volte, una mano in una fessura, lasciata espressamente nel marmo, per dare ancora una carezza al fratello. Davvero sconfitta la Morte.

Per un breve profilo biografico di Alessandro Casavola è qui disponibile una nostra intervista all’autore.

Read

Intervista ad Alessandro Casavola

Alessandro Casavola, meridionale di nascita, è stato nelle Marche, è stato qui da noi proprio a Senigallia, scolaretto delle prime classi della scuola elementare che a Pascoli non era stata ancora intitolata. Suo padre, in quegli anni lontani, lo si sarà capito, reggeva il Comando della locale Stazione dei Carabinieri.

Più che in Ancona, dove iniziava il liceo, è nella nostra città che sente di aver lasciato radici che lo immalinconiscono; “con dolcezza”, lui aggiunge. Certamente ha anche emozioni lasciate altrove, a Napoli, a Monza, a Roma. Qui ha chiuso la sua carriera di insegnante, ma è ritornato a Senigallia o perlomeno qui trascorre lunghi soggiorni.

Se è aiutato a confessarsi dice che si sente “a volte fuori della vita che cambia, che finge”. “Finge che cosa?” gli ho chiesto. “Anche attenzione” mi ha risposto “per chi  non è nelle avanguardie, per chi è avanti negli anni”. Dice che ha dei fili della sua anima che vuole riannodare.

(… continua a leggere ‘Intervista ad Alessandro Casavola’)

Partigiano Inverno

Come anticipato all’inizio di quest’anno, siamo lieti di segnalare che il 24 ottobre scorso è uscito per la casa editrice Nutrimenti il romanzo Partigiano Inverno, finalista al Premio Italo Calvino 2011, del nostro autore e corrispondente Giacomo Verri.

Partigiano Inverno scrive la Resistenza a settant’anni di distanza, declinando al presente la colossale esperienza di una lacerazione che ha cambiato la storia di una nazione e dei suoi individui. Lo fa con una lingua nuova, labirintica e sensuale, che si nutre di Dante e Omero come di Fenoglio, Gadda e Calvino, che deve alla letteratura quanto al vernacolo familiare, che s’inarca e distende a cingere e disvelare i fatti. La guerra di liberazione è protagonista del romanzo di Giacomo Verri, come unica nostra epica possibile, paradigma di ciascun trauma che spacca il quotidiano, brucia e ferisce.

Qui potete leggere un estratto dalle prime pagine del romanzo.

Il romanzo è stato il libro del giorno 14 novembre 2012 nella trasmissione Fahrenheit di Rairadio3. Qui potete ascoltare il podcast dell’intervista all’autore.

Qui trovate la rassegna stampa, a cura di Nutrimenti, contenente vari articoli e recensioni sul romanzo.

Per info sulle prossime presentazioni Partigiano Inverno potete consultare la pagina dedicata al romanzo da Nutrimenti oppure il sito del Premio Italo Calvino.

Senigallia: cittadinanza onoraria a Dacia Maraini

Il Comune di Senigallia conferirà la cittadinanza onoraria alla scrittrice Dacia Maraini. La cerimonia si terrà, alla presenza dell’autrice, sabato 10 novembre, ore 11, nella Sala Consiliare del Palazzo comunale, in Piazza Roma. Interverrà il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi.

Il Comune di Senigallia ha da tempo avviato una serie di iniziative, in collaborazione con Regione Marche e AMAT, per la valorizzazione dei testi teatrali di Dacia Maraini, sempre caratterizzati da una grande attenzione ai temi civili, alla questione dei diritti umani e dei diritti delle donne, e rappresentati con grande successo sia in Europa che in America.

La Compagnia teatrale di giovani senigalliesi “Teatro Manet”, diretta da Antonio Lovascio, ha messo in scena ben due testi teatrali di Maraini: “Passi affrettati” e “Viva l’Italia”, quest’ultimo rappresentato il 13 maggio scorso al Teatro Vittoria di Torino nell’ambito della settimana della legalità.

Il Comune di Senigallia, inoltre, sta lavorando, sempre in collaborazione con la Regione Marche, a un progetto per la realizzazione in città di un Centro di Studi Marainiani, finalizzato ad approfondire la conoscenza – e così valorizzare – il teatro civile di Dacia Maraini. Questi progetti hanno fatto sì che la celebre scrittrice visitasse più volte, negli ultimi anni, Senigallia, dove ha instaurato con il tessuto culturale cittadino un rapporto di amicizia e collaborazione.

La proposta di conferirle la cittadinanza onoraria si propone dunque l’intenzione di consolidare e sviluppare il suo legame con la città di Senigallia. Dacia Maraini è una delle scrittrici italiane più conosciute ed apprezzate, oltre che la più tradotta nel mondo. Nella motivazione per il conferimento della cittadinanza onoraria si legge: “capace di riunire nella sua scrittura la migliore esperienza letteraria del ‘900 con quella tensione morale e passione civile di chi crede fermamente nei valori della nostra Costituzione Repubblicana”.

Santarossa e la bestemmia dell’uomo surmoderno

Santarossa e la bestemmia dell’uomo surmoderno

di Giacomo Verri

(già apparso su l’Unità del 22 ottobre 2012)

C’è una terra intrisa d’acqua oleosa, scarnificante, scesa da un “cielo color dei denti”. Incombe tra le nuvole un grigio fondiglio che minaccia di ingrossare e di rovesciarsi sul mondo. E sul mondo ci cammina un uomo, solo, con la propria disperazione rispecchiata dalle lamine delle pozzanghere. Intorno s’ergono il cemento e il ferro. Massimiliano Santarossa, già cantore della periferia del nord-est in Storie dal fondo e Gioventù d’asfalto, racconta, in Viaggio nella notte (Hacca, pp. 144, euro 14), l’ultima e irredimibile giornata di un operaio. Non c’è mai pietà, in questo romanzo, mai comunione né riscatto. Gli uomini vanno dentro alle fabbriche, non parlano, non ridono, non sentono, inghiottiti dalle «prigioni quotidiane» che «hanno la forma di balene senza fine». Nelle pance dei leviatani, e anche fuori, la solitudine è sfrenata; manca l’amore del prossimo, dei fratelli, dei genitori, dei figli, e manca la speranza di riporre i passi futuri nei rigidi ma rassicuranti confini di un’ideologia; lavora, soffre l’operaio, e non gli riesce di guardare fuori di sé, perché ogni cosa torna al soggetto, tra miseria e squallore: «È ormai chiaro che tutto a questo mondo si fa sangue del nostro sangue, ossa delle nostre ossa, anima della nostra anima, denaro del nostro denaro, fede della nostra fede, tutto ciò che produciamo diviene noi, e ci comanda, e ci guida». L’operaio surmoderno è consumatore, vittima, schiavo senza coscienza; il «sangue del nostro sangue» non ha più nulla a che fare con quello cantato da Fausto Amodei in Per i morti di Reggio Emilia. Qui l’operaio è uomo decaduto allo stato primevo, preda di mostri d’acciaio, come il preistorico fu in balìa di lupi e orsi spelei; qui è scritta «la colpa del padre che ricade sul figlio», non una colpa epica e fatale, ma uno scotto ottuso, tetragono, la colpevolezza discesa da un consumismo ormai fisiologico. Così l’antieroe di Santarossa entra al supermercato, il tempio dove «devi lasciare ogni cosa che possiedi per poterti sfamare. Perché mangiare e bere non è più un diritto. Mangiare e bere è un dovere, ma non il dovere della sopravvivenza, bensì il dovere di stare in piedi per continuare il gioco della produzione e dello sviluppo».

(… continua a leggere ‘Santarossa e la bestemmia dell’uomo surmoderno’)

Il ritorno di Vango

Finalmente Vango è tornato. Dopo il primo capitolo della saga, è Vango. Un principe senza regno (tit. orig. dell’opera: Vango II. Un prince sans royaume, Gallimard Jeunesse, 2011 – traduzione di Maria Bastanzetti), secondo e ultimo volume, a chiudere la storia della avventure del giovane Vango Romano firmate da Timothée de Fombelle ed edite dalle Edizioni San Paolo nella collana Narrativa San Paolo Ragazzi. In questo secondo romanzo, che dilata l’ambientazione fino agli anni quaranta del Novecento, l’azione rimbalza da una New York in nuovo fermento dopo la Gran Depressione a una Parigi grigia e stagnante, dalla cupa atmosfera della Berlino del Terzo Reich a quella ipocrita della Mosca della Rivoluzione, dalle piovose Highlands scozzesi alle aspre e assolate Eolie.

Il romanzo si apre con l’immagine del Graf Zeppelin ormeggiato a Lakehurst, nel New Jersey, ai comandi del capitano Hugo Eckener, in attesa di ritornare in Europa: è qui che le strade di Vango e della sua amata Ethel si dividono; è sempre da qui, sette anni dopo, che ripartirà la ricerca di Vango; è ancora qui che l’abbraccio delle loro vite sembrerà spezzato dalla tragedia dell’Hindenburg. Vango, che fugge ancora dai suoi nemici, protetto dal dumasiano padre Zefiro che nell’abbandonare la vita farà giurare al suo ragazzo di rinunciare al fuoco e alla morte, aprendolo a un futuro che farà luce sulle sue origini: quelle di un principe senza regno. Sulle tracce di Vango c’è ancora il simenoniano commissario Boulard che, scoperta l’innocenza del ragazzo, grazie alle mosse di una principessa in esilio e della Talpa, sarà in grado di tirare le fila di un intrigo internazionale tessuto fra le due sponde dell’Atlantico; dove non arriverà la giustizia, toccherà alla vendetta finire nel sangue le vite di un mercante di armi e un banchiere senza scrupoli che hanno voluto che un mondo già distrutto dalla prima guerra mondiale precipitasse nella catastrofe della seconda.

In un mondo così tormentato dalla violenza e dalle guerre, la frase che l’autore mette in mano al padre di Vango nel suo ritiro caucasico, tratta dai Pensieri di Pascal, “quanti regni ci ignorano”, che il filosofo francese “aveva scritto pensando alla modestia dell’uomo nell’universo”, è la migliore eredità che suo figlio Vango si porta dietro nella sua piccola isola delle Eolie; e quella che Timothée de Fombelle consegna anche a noi oggi come universale auspicio di pace.