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I nòvi vinti (I nuovi vinti)

I nòvi vinti di Franzin, oltre Pasolini e Camon

Fabio Franzin (foto di Paolo Steffan)

La silloge inedita di Fabio Franzin apre con un omaggio a Ferdinando Camon e ad un suo libro in particolare, quel Liberare l’animale (1973), con il quale lo scrittore urbaniese vinse il Premio Viareggio di poesia. Franzin fa i conti con il presente, quello della terribile crisi economica dei nostri giorni, ma lo fa guardando anzitutto al quel passato di quarant’anni fa (“l’è passà sol dó jenerazhión / e par un rabaltón de epoche”) con la lucidità di chi in quel passato vede i segni della crisi economica attuale. Che è innanzitutto, diciamolo apertamente, la crisi del capitalismo occidentale, e quindi italiano. E si comprende da subito che quelle due generazioni sono le stesse che lo dividono da Pier Paolo Pasolini.
Franzin riprende così le fila di un discorso più ampio che ha in Pasolini una delle voci più limpide e Camon l’interlocutore privilegiato. “Privilegio d’anagrafe”, verrebbe da dire con Pasolini, e Frazin sa bene che la testimonianza di Camon è davvero figlia dei “primi atti della Dopostoria”: “i vinti de canpagna e miseria” sono proprio le prime vittime di quella crisi economica che lo scrittore urbaniese volle testimoniare, come pure fece il poeta di Casarsa nelle Lettere luterane e soprattutto in quella sua ultima raccolta dialettale che è La nuova gioventù (1975).
E lo fa proprio dove Pasolini lo aveva lasciato, da quella sezione Tetro entusiasmo (Poesie italo-friulane, 1973-1974) nella quale il poeta di Casarsa abbandona spesso la lingua materna per la lingua franca. Da qui parte Franzin, ma nuovamente con il dialetto, perché la sua posizione non è quella di un osservatore sradicato, ma quella di chi racconta “da dentro”, come ha scritto Massimiliano Damaggio su Fabrica e altre poesie. Il tema di fondo è lo stesso perché I nòvi vinti, ossia “i vinti de capi e capanón” patiscono la “stessa miseria / e senza pì tèra parché tradìdha” . Sotto “lo stesso missiòt de odio e pietà”.
Le due successive poesie, Conpleano e Nadhàl, dove ispirazione elegiaca e civile si accompagnano, sono figlie dello stesso sentimento, quello di impotenza di fronte a un “mondo de squai e de pòri s.ciavi”, quello della disoccupazione e della precarizzazione del lavoro giovanile, per il quale acquista nuovo e forte significato quell’invocazione “salvii dio, salvene tuti de sto mondo” di ascendenza noventiana.
Ecco allora corrispondere alla descrizione di questa miseria l’indignazione (Al discaunt), allo sfacelo di ogni umanità la preghiera di una terra ormai desolata e abitata soltanto dalla poesia (Yogurt). Sì, l’ultimo sentimento è quella nausea di tutto e della stessa vita; cascare “tel prà / del sòno” è un’illusione, ma è anche l’unico modo “pa’ scanparghe via aa realtà” (Come pa’ scanpàr).

Fabio Franzin – Wikipedia

I nòvi vinti (I nuovi vinti) si possono scaricare liberamente in formato PDF.

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