Gocce d’acqua a tenersi insieme per aria: un miracolo, un ideale di poesia, di grazia, di leggerezza. Un raggio o un soffio bastano a fargli cambiare forma e colore. Muovono lente, mutano in una continua metamorfosi e poi si dissolvono, sfumano o magari piovono o nevicano. Sono belle. Guardo loro come a dei sogni che si scrivono nel cielo. Le nuvole sono, per me, l’animazione perfetta.
Questa è una storia, ma non ne conosciamo la fine. È la storia di un talento straordinario per il disegno, che ha dovuto cercare la sua via di affermazione sulle strade del lavoro in fabbrica, poi di una scuola d’arte recuperata e divorata da adulto con la testardaggine e l’ingordigia della coscienza conquistata a costo del tempo della vita (o della vita stessa? “Io sono fatto di tempo”, dice uno dei suoi personaggi), e finalmente affermatosi come vincitore di tantissimi premi nei maggiori festival di animazione di tutto il mondo. La possiamo raccontare soltanto fino al suo presente.
La storia ha per protagonista Simone Massi, nato nel 1970 a Pergola, una piccola città della provincia marchigiana, da una famiglia di origini contadine e operaie. Mai da ragazzo avrebbe immaginato un futuro diverso da quello dei suoi nonni e dei suoi genitori (di qui una scuola professionale e i 7 anni in fabbrica a lavorare il ferro); ma quei disegni che sbalordivano maestri e professori e che mai del tutto aveva abbandonato, a un certo punto hanno preteso di diventare il baricentro della sua esistenza e il suo modo di parlare al mondo. La decisione di iscriversi a 23 anni all’Istituto Statale d’Arte di Urbino segna l’ingresso nella nuova vita. Lì conquista i mezzi formativi ed espressivi necessari anche grazie ad interlocutori stimolanti. “Sono entrato a scuola con uno zaino e dentro c’erano i fumetti della Bonelli e i film dei fratelli Coen. Sono uscito con le valigie piene della pittura e del cinema del Novecento”.
Nella campagna pergolese vive ancora oggi, isolato dalle tempeste mondane e innamorato della solitudine creativa che condivide con la moglie Julia Gromskaya (disegnatrice anch’essa e sua collaboratrice), e lavora disegnando a mano le migliaia di tavole che servono a produrre i pochi minuti di un cortometraggio di animazione. Da questa brevità Simone Massi riesce a trarre una forza poetica di una tale intensità che gli è valsa i più importanti riconoscimenti mondiali nel campo del cinema di animazione. La Fondazione Cineteca Italiana di Milano ha deciso perciò di dedicargli nel 2009 il volume Poesia bianca, curato da Roberto Della Torre, con allegato un dvd comprendente quasi tutti i suoi film in edizione restaurata.
I suoi film raccontano di sogni e di mondi interiori (un modello cinematografico, non a caso, è Andrej Tarkovskij), si interrogano sulla realtà e sulla coscienza, sull’identità personale, sulla memoria individuale e sulle sue radici storiche. Il tempo con i suoi orologi incombe sovente su una narrazione niente affatto lineare, condotta attraverso procedimenti analogici, metafore vissute come tuffi negli occhi dei personaggi e nella loro interiorità , momenti che si dilatano per lasciar spazio all’introspezione e ad accostamenti suggestivi, spesso ottenuti grazie alle riprese in piano-sequenza. Un film esemplificativo della prima parte della sua produzione, più variegata e sperimentale nelle forme (in parte legata alla scuola), può essere considerato Niente (1996, 2’40”): lo spettatore viene accompagnato a curiosare nella camera di un uomo a letto accanto alla propria moglie, il quale però rispetto alla donna è voltato dall’altra parte e ha lo sguardo caratteristico di chi guarda lontano osservando i propri pensieri e non gli oggetti familiari della stanza. Entrando nei suoi occhi troviamo le immagini sfocate di una coscienza che fatica a mettere in ordine il quotidiano e che riflette sulla precarietà dell’esistenza non riuscendo a trovarvi un senso. Il corto si chiude circolarmente ritornando sullo sguardo fisso oltre l’immediato dell’uomo nel suo letto.
Massi sperimenta varie tecniche di disegno, ma predilige la matita e il carboncino per raggiungere e far emergere l’essenziale, rifiutando allettanti scorciatoie tecnologiche. Dopo aver provato a collaborare a progetti altrui presso alcuni studi di animazione (tra gli altri quello del più famoso animatore italiano, Bruno Bozzetto), nel duemila intraprende decisamente la via della produzione personale. Muta anche il rapporto con l’accompagnamento musicale, che assume una forma differente, mentre la musica si va rarefacendo per lasciar spazio a suoni e rumori. In tutti gli aspetti della lavorazione comincia a prender consistenza la consapevolezza degli effetti che si possono ottenere tramite la sottrazione. “L’intuizione è stata quella degli spazi vuoti. I bianchi hanno permesso ai disegni di stagliarsi, di caricarsi di potenza e bellezza; i silenzi hanno concesso ai rumori di riempirli o spezzarli, di mostrare quello che nel film non c’è” dice Massi a proposito di uno dei suoi film più toccanti e riusciti, Tengo la posizione (2001, 4’12”), ispirato a Cesare Pavese e alle Lettere dei condannati a morte della Resistenza. Il tuffo stavolta è tra alcune parole che emergono da un testo formato da frasi liberamente accostate da La casa in collina. Nello stesso anno ha già portato a compimento Pittore, aereo (2001, 3’49”) in cui fantastica sui pensieri del pittore Anton Räderscheidt nel momento della celebre fotografia (quasi magrittiana, un altro dei suoi riferimenti artistici) ed è ormai a questo punto che sente di aver trovato una sua stabile identità artistica.
Il progetto successivo è una storia completamente a colori: Piccola mare (2003, 4’00”) è un racconto leggero e sognante sulla forza dell’immaginazione a cui ha prestato la voce Marco Paolini. Lo possiamo gustare qui di seguito.
Alla potenza delle proprie radici, al desiderio di allontanarsi e di scoprirsi, all’appropriazione consapevole dell’identità , è dedicato il film forse più apertamente autobiografico di Simone Massi: Io so chi sono (2004, 3’08”) è il frutto di un lavoro stratificato nel corso del tempo nell’animo dell’autore e nella storia della sua famiglia e della sua terra. La vecchia valigia è l’obbligo di un viaggio o l’apertura alla sua possibilità , nello spazio e nel tempo, ad “uno spostamento che non è spaziale, ma interiore“, scrive Roberto Della Torre. L’essenzialità della tecnica e dello stile sono ancora una volta funzionali al contenuto e arrivano dritti al cuore dello spettatore, imponendogli benevolmente di confrontarsi con se stesso e con l’universalità dell’esigenza di riconoscersi e di sentirsi radicato. E il tempo non passa invano: “La vita fa il suo mestiere e lo fa bene: passa e ci cambia. In genere ci si rassegna a diventare peggiori, però… Però non è detto. Ci sono vecchi con sorrisi meravigliosi”. Così la voce, che all’inizio dice di essere la casa dove è nato, i tetti e la terra ed altro ancora, è immediatamente riconoscibile come quella di un anziano marchigiano, mentre le linee della mano in cui si trasformano verso la fine le strade e le colline attraversate si rivelano significativamente quelle di una bambina che si stringe alle gonne della madre. Anche Io so chi sono è disponibile qui sotto.
Una terza fase più matura è individuabile nella produzione artistica del disegnatore marchigiano, premiata dai crescenti successi internazionali nei festival e da migliori possibilità produttive grazie all’incontro con Hélène Vayssières di Arte France e alla Sacrebleu Productions. Cambia la tecnica del disegno, nata da un personalissimo lavoro di studio e di ricerca, oltremodo lunga e faticosa nella realizzazione, ma tale da riuscire ad assomigliare all’incisione, dando corpo e sostegno al soggetto: La memoria dei cani (2006, 8’00”) è realizzato con un segno che riesce a rendere la profondità dei graffi incisi con forza nell’anima, nella memoria e negli straordinari sguardi dei personaggi, visualizzando nel contempo l’umiltà , la fatica e la crudezza della vita contadina (ma come sempre, anche della vita in senso universale).
L’ultimo progetto realizzato è Nuvole, mani (2009, 8’00”), ancora con la produzione francese. Il film è a colori e con una tecnica studiata per l’occasione: i graffi di colore sono tolti dallo sfondo nero che li ricopriva e mostrano tutta la fatica che è loro necessaria per emergere, come per i suoni (c’è anche un momento quasi leopardiano) e gli odori (proustianamente inseparabili dai sapori) che in certi momenti di sospensione riescono ad evocare ricordi e a farci perdere nell’immaginazione. Per accompagnare le metafore del film possiamo usare alcune parole dello stesso autore: “Mio padre è creativo nel lavoro manuale: dal niente crea, forgia; ma se si parla di poesia, di immaginazione, sicuramente ho preso da mia madre. Le mie mani sono buone a niente, ma sognano di saper fare: disegnano le mani buone a tutto”.
Nell’affetto di queste parole verso i genitori c’è anche il rapporto d’amore di Simone con il disegno e il cinema di animazione, che purtroppo fa tantissima fatica a trovare chi lo promuova e ne proponga al pubblico i tesori.
La storia della straordinaria poesia bianca di Simone Massi riparte dunque da qui, dal talento e dall’umiltà di un sognatore d’eccezione che cerca ostinatamente di realizzare i suoi sogni su carta e riesce a far emozionare il mondo da una piccola città di provincia. Ci auguriamo di poter vedere presto altre sue splendide poesie visive e facciamo nostre le parole dedicategli da Marco Paolini, Fammi un disegno, che si concludono in questo modo:
Per essere artista d’animazione come lui,
serve una testa mondo, olio di gomito, anima e azione.
Fammi un disegno Simone Massi,
grazie di cuore
Il sito di Simone Massi.
Il sito della Fondazione Cineteca Italiana.
grazie a questo sito oggi conosco Simone Massi, un modo facile facile di fruire arte, il fare degli umani,il bello come riferimento logico,motivo e nutrimento dell’anima.
Grazie per il commento Enrico! 🙂
Una ricca e bella intervista di Dario Zonta a Simone Massi per la rivista “Lo straniero” (n. 121, luglio 2010): http://www.lostraniero.net/archivio-2010/119-luglio–n-121/385-prima-vedere-e-poi-capire.html.
Ho avuto l’occasione di vedere il libro con dvd (poesia bianca) di S.Massi. Ho letto che si è svolto a Pergola un incontro di “cinema di animazione poetica; mi interesserebbe vedere i suoi nuovi lavori, ma non sono riuscita a capire se ne è stata fatta una edizione e neppure se è possibile acquistarne una copia o se è possibile vedere in qualche modo i filmati
Grazie per le informazioni e buon lavoro
Marcella
Gentile Marcella,
credo che lei si riferisca all’Animavì Festival di Pergola. Quanto ai nuovi lavori di Simone Massi non posso che rimandarla al sito dell’autore: http://www.simonemassi.it/
Cordiali saluti
Antonio
Simone Massi ha disegnato sigle e manifesti della mostra del cinema di Venezia dal 2012 al 2016, realizzato altre splendide animazioni vincitrici di un David di Donatello (2013, “Dell’ammazzare il maiale”) e per due volte del Nastro d’argento (2014, “Animo resistente”, e 2015, “L’attesa del maggio”) e ricevuto importanti omaggi quali un nuovo libro a cura di Fabrizio Tassi per minimumfax (“Nuvole e mani”, 2014: http://www.minimumfax.com/libri/scheda_libro/672), una biografia immaginaria scritta da Catherine Cipolat (“Simone delle colline”, Ventura edizioni 2015: http://librisenzacarta.it/2015/04/17/simone-delle-colline/) e il film documentario “Animata resistenza” con cui i due registi Francesco Montagner e Alberto Girotto hanno vinto il premio venezia Classici per il miglior documentario sul cinema alla 71° edizione della mostra del cinema di Venezia (http://www.labiennale.org/it/cinema/archivio/mostra-71/premi/).