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Serena

Serena

Racconto di Marco Porru

 

Ancora qualche curva e saremo arrivati. Nonostante l’avessi prelevato alle sei e mezza del mattino, mio padre non si lamentava. Se ne stava a guardare il mare dal finestrino, il viso emaciato, lo sguardo vispo, il tremito costante alle mani e le gambe glabre e ancora scolpite dal calcio che aveva praticato fin da piccolo. L’ictus lo ha reso anche un po’ sordo, ma la mia suoneria del cellulare lo fa sussultare e ora mi lancia uno sguardo di profondo odio, come volesse ammazzarmi.

«Luisa?» rispondo scocciata.

«Tutto bene?»

«Siamo arrivati» mento.

«Al mare… Per carità.»

Non le rispondo, la lascio cantare.

«Non puoi svegliarti ogni tanto e farlo contento. Rovini tutta la cura che sto facendo.»

Chiudo il telefono.

«Chi era?» mi fa mio padre.

«La dottoressa.» Ormai io e mia madre chiamiamo mia sorella così da quando lo accompagna per le visite specialistiche, parla con i medici e gli prepara le medicine che deve assumere giornalmente. Ormai passa più tempo dai miei che a casa sua.

Stamattina l’ho trovata che faceva colazione da mamma. Ha litigato per l’ennesima volta con suo marito. Mio padre non è riuscito a sostenere lo sguardo tradito di mia sorella e, felice come un bambino davanti ad una promessa mantenuta, mi ha preso a braccetto per sospingermi verso la porta. Ancora adesso sento i brividi per quel contatto.

Al mare mi preoccupo di piantare due ombrelloni, poi mi siedo sulla stuoia. Mio padre si è già bagnato e ora passeggia sotto il timido sole per asciugarsi. Già mi mancano i compiti da correggere che porto sempre con me.

«Se lo sa la dottoressa» ironizzo, trovandomelo davanti.

Lui si acciglia scuotendo la testa.

«Tua figlia» alzo la voce, «se viene a sapere che ti ho fatto andare a fare il bagno da solo!»

Fuggo il vomito di parole incomprensibili con cui tenta di rispondermi, a cui solo io non mi sono abituata. Lui si ferma, impotente e innervosito. Allora mi fa una smorfia per dirmi che non è importante. Si sdraia sul telo che gli ho preparato sotto l’ombrellone, spostandosi piano piano al sole pensando di fregarmi. Lo lascio fare. Parliamo della classe che mi toccherà da settembre poi mi chiede di una mia amica malata di cancro della quale mamma le ha sicuramente parlato. Sa tutto, anche che l’accompagno spesso in ospedale e sto a dormire da lei per aiutarla con i bimbi e la casa. Dal suo tono di voce non sembra risentito, ma io ora sto male. Di nuovo.

Prendo il cellulare e vado in riva.

«Non deve sapere niente perché se no sta male» attacco mia sorella, rabbiosa, «e poi gli dite che sto aiutando la mia amica!»

«Hai la coda di paglia? Non è colpa mia se invece di seguire tuo padre preferisci aiutare la gente estranea.»

Esito. «In un giorno ho fatto più di quanto stai facendo tu in questi mesi» mi esce con voce malferma. So che non è vero. Sospiro, l’acqua salata che mi bagna i piedi sembra salire fino agli occhi. Mi volto a guardare mio padre che si rigira ansiosamente sul telo, finge di sistemarsi il costume per non darmi a vedere che non riesce a trovare una posizione comoda. «Ora lo riempi anche di ansiolitici» continuo. «Quelli che dovresti dare a tuo marito. Mamma me l’ha detto che papà si è sentito male e non ne vuole più.»

«Non ti informi e poi metti bocca. Come sempre. Ci ho parlato io con la psicologa. Mamma non ce la fa più, papà è troppo nervoso.»

«È nervoso perché gli avete nascosto tutte le magagne che ci sono in famiglia, e da quando sta in casa le sta scoprendo tutte. Anche le tue, Luisa.»

«Babbo ha voglia di scopare» mi fa lei, dura.

Entro in una sorta di trance.

«Non ce la fa, Marisa» continua Luisa in tono più sommesso, «e s’innervosisce.»

«Vabbè, Luisa, ne parliamo a voce…»

«Se ti degni di interessarti, certo.»

Mi volto verso gli ombrelloni e non vedo più mio padre. Il cuore in gola, il cellulare stretto tra le mani, annaspo sulle pietre con i piedi nudi senza sentire dolore. Lo trovo al bar in fondo, seduto ad un tavolo con una ragazzina.

«Siediti, Marisa» mi dice lui con nonchalance. «Lei è Serena.»

La ragazza mi guarda imbarazzata e io contraccambio con un sorriso, nella mia mente un’ondata di pensieri sconnessi che non so se ridere o piangere. Mio padre mi dice che Serena vuole una birra e mi chiede cosa voglio da bere.

«Un succo alla pesca, papà» gli dico, sottolineando l’ultima parola per la giovane ospite inattesa.

«Salvatore voleva offrirmi per forza qualcosa, e…» tergiversa Serena, fasciata in un micro costume bianco trasparente. Chiama mio padre per nome, come se lo conoscesse da anni.

Le sorrido mentre lei si mette a spippolare nervosamente col cellulare. Allora mi sporgo per vedere mio padre che ringalluzzito e con lo sguardo appagato invade il bancone con le braccia, mentre aspetta le bibite. Scendo con lo sguardo sul petto, fino alla cerniera dei boxer. Poi mi convinco di smettere di fare la cretina.

 

Beviamo con quella sconosciuta che si volta in continuazione verso il mare. Appagati di affetto e tenerezza, gli occhi di mio padre persi nella vivacità di una nipote che è mancata nella sua vita. E mentre Serena grida al cellulare con chi sa chi, incurante della nostra presenza, lui mi chiede del marito di Luisa.

«Meglio ultimamente» taglio corto.

Lui storce la bocca e mi fa ridere.

«Non mi è mai piaciuto quel ragazzo…»

Vorrei approfondire, ma le urla di Serena mi stanno irritando. «Babbo, torniamo?»

«Un coglione… Non siete state fortunate, né tu né lei.»

Serena sobbalza improvvisamente dalla sedia. Un ragazzo le ha appena stracciato di mano il cellulare. Con un’energia che non sospettavo, mio padre si alza per inseguirlo e lei dietro di lui urla di non farlo. Io rimango ferma, bloccata dalla paura che davanti a mio padre assume il massimo della sua potenza. Osservo mio padre parlottare con Serena e quel ragazzo, e loro che lo ascoltano con attenzione. Mi prendo la testa fra le mani, sconcertata. Quando sollevo lo sguardo, li vedo tornare tutti e tre sorridenti. Anche il fidanzatino di Serena.

«Marisa, ci tocca dare un passaggio» mi fa mio padre. «È meglio se tornano a casa.»

Loro mi guardano senza il minimo disagio. Io non dico nulla, la mano sul petto perché il cuore batte ancora forte. Riesco solo ad alzarmi per ubbidire.

Li accompagniamo fino a casa di Serena. Poi torniamo al mare, come mio padre voleva.

Trovo parcheggio all’ombra. Mio padre si è addormentato, il volto sereno, il respiro limpido. Non lo sveglio. Scendo a prendermi un gelato solo per essere impegnata. Poi trovo il coraggio di tornare in macchina e resisto, rimango a vegliarlo per abituarmi a quel giorno che prima o poi arriverà.

***

Marco Porru (Cagliari, 1979), appassionato di cinema, si trasferisce nel 2005 a Roma dove inizia a scrivere sceneggiature. I bambini della sua vita, film diretto da Peter Marcias, ha vinto il Globo d’Oro e il premio al XII Festival Europeo del Cinema come migliore interpretazione femminile non protagonista con Piera Degli Esposti. Con L’eredità dei corpi, suo primo romanzo, è stato finalista al Premio Calvino 2011: il romanzo uscirà in aprile presso la casa editrice Nutrimenti.

 

8 Risposte a “Serena”


  1. 1 nicola Mar 13th, 2012 at 1:59 pm

    bellissimo….

  2. 2 Giacomo Verri Mar 14th, 2012 at 11:24 am

    Bravissimo, Marco! Hai sviluppato il tema della vecchiaia, e dei difficili rapporti con essa, in maniera davvero sensibile. Metterei questo racconto a fianco di quest’altro:
    http://danielebarbieri.wordpress.com/2011/04/30/la-casa-del-mais-c-bove-f-marchetti/

  3. 3 Antonio Maddamma Mar 14th, 2012 at 8:30 pm

    Grazie, Giacomo, per l’accostamento. Stupenda in entrambi la descrizione del rapporto “esclusivo” con il vecchio. L’esibizione della fragilità affettiva, in fondo, è sempre cosa più cruda di quella di un corpo malato.

  4. 4 Giulia Staffa Mar 19th, 2012 at 8:53 pm

    E’ proprio vero che spesso alcuni prestano più attenzioni e cure alla gente estranea che non ai propri familiari, e questo comportamento viene tacciato di menefreghismo quando invece spesso è solo smisurato affetto e tanta paura… Letto anche la casa del mais, entrambi molto duri e veri. Complimenti al sito che non conoscevo…Giuly

  5. 5 Marco Mar 21st, 2012 at 8:39 pm

    Grazie Giacomo per averlo inserito, anche a te Antonio…

  6. 6 Giacomo Verri Apr 13th, 2012 at 10:01 am

    E’ da oggi in libreria il romanzo di Marco Porru, L’eredità dei corpi http://www.nutrimenti.net/libro.asp?lib=229

  7. 7 Giacomo Verri Mag 17th, 2012 at 11:43 am

    Radio 3 – Fahrenheit
    L’eredità dei corpi di Marco Porru è il Libro del Giorno di Fahrenheit. L’autore sarà ai microfoni di Radio 3 dalle 17,30.

  8. 8 Giacomo Verri Mag 18th, 2012 at 12:16 pm

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