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Come chi non torna

ComeChiNonTornaFronteCome chi non torna è il titolo bello e suggestivo scelto da Salvatore Ritrovato per la sua terza raccolta di poesie edita dal raffinato editore Raffaelli di Rimini (www.raffaellieditore.com). L’immagine lascia sospesi: che cosa o chi richiede un ritorno? Ma soprattutto: è davvero possibile un ritorno, che abbia come destinazione un luogo o addirittura un tempo precedente? Tempo e luogo infatti hanno caratteristiche in parte diverse e in parte comuni nella percezione umana o, meglio, non esistono se non in stretto rapporto tra loro: persino la nostalgia tende a idealizzarli e a tenerli uniti nel ricordo.

La similitudine del titolo ha in vero come perno qualcuno che si paragona a colui che non torna. Forse costui non ha ancora verificato questa impossibilità o magari la sta sperimentando con sorpresa per la prima volta in questo luogo e in questo momento, mentre si guarda indietro. O ancora, è qualcuno che deve accettare l’inevitabilità di questo intangibile eppure solidissimo aspetto della vita e cerca ancora di tenere per sé, celato nei precordi, lo spazio di un desiderabile nostos. O forse ha già vissuto un tempo e uno spazio tali da potersi guardare indietro con sufficiente disinganno.

A prefare i tre capitoli che compongono l’opera, Salvatore Ritrovato pone significativamente la poesia Ho cominciato, che qui riproduciamo quasi integralmente:

Ho cominciato dunque a riflettere

su qualcosa che mi riguarda.

Non so cos’è, restare forse

in questa stanza e dire io

qui posso ricordare un mondo

confuso che non cambia

più ma fugge e dentro

trova lentamente la sua calma.

Forse è una domanda, il centro

invisibile che si muove e avanza

nella vita, la pietà di un giorno

appena cominciato.


Ho cominciato a riflettere su qualcosa

che mi invita a riflettere.

Il paese che non ho visto e non vedo

crescere ma da ieri torna mutato

in un suo angolo ancora inquieto

come un ricordo che va e viene

e mi riguarda ma non mi appartiene. […]


Ho cominciato a riflettere nell’ombra

quello che sono o di me è rimasto

quando torno, perchè non posso

o non serve scegliere di restare.

L’ombra dico del mandorlo

a ridosso dell’antico muro

che difende dal tramonto un paese

da sempre morto e i suoi letti

tranquilli e accoglie gli ultimi

arrivati, i cari, gli ospiti

che un giorno li hanno dimenticati.

Appare quasi leopardiana l’atmosfera rivelatrice dell’ultima strofa (è suggestivo anche che il nucleo più noto dei Canti veda la luce proprio col ritorno a Recanati da cui ormai il poeta percepiva il suo pressoché totale distacco) dove infine ci si confronta con la possibile destinazione ultima conoscibile del corpo, che ha dato l’avvio all’insistente e inevitabile riflettere che apre le tre strofe.

L’immagine del ritorno, inoltre, non può non rimandare a colui che universalmente è conosciuto per il desiderio di tornare a casa, Ulisse-Odisseo, però non senza essersi portato dietro i frutti delle esperienze e delle conoscenze acquisite: essi non possono essere cancellati, qualunque sia l’esito del nostos. Non si pone dubbi, dunque, Ritrovato sulla necessità intrinseca del suo viaggiare (poco oltre dirà di “anni tenacemente sradicati”) e del Viaggio stesso. Al contrario, grazie ad esso ormai tutto può essere guardato con serena accettazione di sé e di questa realtà (si veda l’appena citato “perché non posso/ e non serve scegliere di restare”) e il pulsare dei ricordi con la sua forza ‘marina’ appare stemperato nel calibrato tentativo di cosciente controllo quotidiano.

Passiamo così dalla forma di frammenti lirici del capitolo “Verso casa” ai versi dal ritmo allungato e diluito della sezione “Egloghe”, la componente più consistente della raccolta. Ciò che circonda il poeta è quasi personificato e si confronta con l’indicibile:

«e tutta per se stessa è la terra, con se stessa,

lingua di creta su cui nulla che perduri o muoia

(non un filo d’erba né il vento che soffia e trita

da una grotta, nel bosco, la casino online sua polvere)

riconosce in quella soglia l’eterno.»

Lo stesso capita ad un amico di gioventù reincontrato, il quale però tenta ancora di nascondere pietosamente a se stesso la realtà o forse non è in grado di accettarla.

«La bellezza che diceva ho imparato ad amare

tardi, e a rifiutare, adesso è una stretta

via di passaggio a un’altra vita.

Un’altra? Sì, sei libero di tornare

da noi, lo stesso bar, la stessa pista… Io, sai

quella tipa, all’angolo del biliardo

una sera non l’ho più vista»

Una domenica di novembre, «in un avanzo/ di vigilie inerti, da tempo seppellite», è ricordata l’esperienza della partecipazione a una battuta di caccia; forse la prima della sua vita, forse quando meditava sulla prima partenza.

«Imbracciano i fucili gli altri, io le mani

le rigiro nelle tasche del giaccone

ampio adolescente, e spingo un binocolo

nella nebbia: sembrano macchie, e a volte

(non è un’impresa dicono sparare)

sono beccacce; […]

Esiste un canto che meriti cantare?

che dà forma nuova al buio?

Dopo il grano la paglia; e dopo

la cenere che lega la terra all’aria

all’estate l’inverno, una domenica

all’altra. Mentre tutto passa.

Restare come resistere

esistere come non esistere.»

ComeChiNonTornaRetroSalvatore

L’ultima sezione guarda ad “Altre stagioni, altre soglie”, a sogni in cui i colori corrispondono a diverse fasi della vita e alla domanda sul senso stesso dei sogni. Si trova infatti qui una delle poesie più intense, composta in dialetto sull’onda del racconto di un sogno da parte della nonna: Stralôquie. Il protagonista è il nonno, morto qualche anno prima, che torna a visitare la moglie chiedendo di vedere il solaio in cui spesso i due si recavano, perchè utilizzato come luogo di deposito e conservazione di cibi e di oggetti d’uso stagionale.

Ci assetta, me spia: «m’a’ fà canòsce sôpe?»

fa, «e come nen lu canusce?»,

ma jisse nziste, «m’a’ fà canòsce sôpe?» […]

Dopo la visita il nonno si affaccia al balcone e sembra contemplare la strada vuota. La nonna allora lo apostrofa.

«Come jé, vu ‘scegne?», li facce.

Ièva tutte come penzava

e mo è tutte luntane.

Ecco, ci sembra che il nonno, nella sua condizione di morte e di visita immaginaria nel sogno di chi lo ama, incarni il termine di paragone definitivo che cercavamo fin dall’inizio, la condizione alla quale forse si sente più vicino Salvatore Ritrovato nel constatare l’impossibilità del ritorno a luoghi e tempi della vita passata: tutto va come si pensava, in ciò che resta identico e in ciò che può essere mutato nel frattempo; ma ormai tutto è lontano. E lo sarebbe stato in ogni caso, anche se lo si fosse potuto vivere ad un ritmo più lento, magari tale da nascondere per più tempo agli occhi i cambiamenti. Eppure è proprio questo che, nonostante il peso che porta nel cuore chi si sente responsabile (via via sempre meno, grazie anche alla poesia) della frattura netta causata dalla rapidità dell’allontanamento, non fa altro che dimostrare di nuovo la necessità e l’inevitabilità della partenza.

Ricordiamo in conclusione le parole della prefazione del critico Massimo Raffaeli che, dopo aver sottolineato il  caratteristico tono elegiaco della raccolta, sintetizza così: «Che cosa ritorna in effetti? cosa riesce a tornare, nonostante l’impasse di chi esige dal ricordo sollievo o ricompensa eppure ne conosce in anticipo lo scacco, la vanità etimologica? Forse i frammenti, non meno decisivi, di un impossibile romanzo di formazione, forse le ferite mai cicatrizzabili che danno senso al disincanto di un adulto: vale a dire i pegni dolorosi della pietas, ma anche i suoi doni inaspettati.»



Fresco di pubblicazione il poemetto “musicale” Dedo, dedicato ad Amedeo Modigliani.

Altri componimenti di Salvatore Ritrovato si possono leggere qui

9 Risposte a “Come chi non torna”


  1. 1 DARIO PETROLATI Dic 27th, 2009 at 5:01 am

    Caro amico che solo conosco per aver letto come una bevuta
    di corsa e cercarci ogni cosa quesito una pace che mai poi trovo
    Così giovane d’aspetto fragile come l’aspetto del filo d’erba che Andrea in “guerra e pace” vede troppo tardi vicino all’occhio mentre cade e pensa che in tutto questo è la vita
    e l’espressione puntuta gli fa pensare e dire mentalmente:
    questa è la vita?
    all’ultimo poco prima di uccidere l’occhio allora si accorge e non piange ma deluso amareggiato constata quanto poca è la vita
    e Modi il livornese venuto troppo presto del poeta Ciampi
    come le cose ed i pensieri che forse mai più ritornano anzi non ritornano chè mai sono state

    accarezzerò le pagine del libro prima di posarlo accanto ad un posto giusto

    Non mi deluderai
    anzi
    spero solo non soffrirne
    e bello ampio il panorama dietro l’esile figura come sta bene e fa sognare.
    dario.

  2. 2 DARIO PETROLATI Dic 28th, 2009 at 6:06 am

    Caro Amico
    ho riguardato la foto delicata che appare appena e mi è venuto a mente Belmondo ne la Romana
    i suoi pensieri che forse potrebbero assomigliarti
    La Resistenza la tua sua cultura Pavesiana
    non so perchè
    eppoi ho riletto quanto scritto le emozioni i luoghi la stecca del bigliardo
    ho sentito il fumo di sigaretta
    il locale ove trascorrevi l’ore e consumavi i giovani pensieri
    gli occhiali leggeri che ti aiutano a leggere
    scrivi sull’acqua quieta e mi fai pensare ” cose”
    che sanno di volo Gaugueiano
    e fuori logicamente ora è notte in giro non c’è alcuno i tuoi pensieri scansano gli angoli della Padova furba.

    mi pare conoscerti e sentire la tua voce educata.

    dario.

  3. 3 fm Dic 28th, 2009 at 11:04 pm

    Una piccola, marginalissima precisazione: “Dedo” è stato pubblicato su http://www.rebstein.wordpress.com
    “Poetry in time” ha solo rilanciato il post.

    Complimenti all’autore per la bella recensione e grazie per la segnalazione.

    fm

  4. 4 Andrea Bacianini Dic 29th, 2009 at 12:33 pm

    Grazie a te fm per i complimenti e per la precisazione. Forse sono stato poco attento non conoscendovi ancora (e ne approfitto per rivolgervi a mia volta i complimenti suscitati dalla prima impressione!), ma mi aveva ingannato il fatto che “Poetry in time” fornisce il download di questo volume, Dedo, come pure dei precedenti “Quaderni di Reb Stein”, e non una semplice segnalazione con redirezionamento a “La dimora del tempo sospeso” (appunto http://www.rebstein.wordpress.com/).
    In ogni caso ho modificato il collegamento nel modo corretto 🙂
    Grazie a voi per il vostro impegno.

  5. 5 Andrea Bacianini Dic 29th, 2009 at 12:35 pm

    Ringrazio anche Dario per la pazienza di leggerci. Magari Salvatore potrebbe fare un salto a risponderti.

  6. 6 salvatore Dic 30th, 2009 at 10:51 am

    Scusate se ‘raggiungo’ solo ora internet… Potete immaginare i tempi delle vacanze. Tempi del vacuum.
    Grazie, Andrea, della bella lettura. Spero di rivederti presto a Urbino o a Senigallia.
    Il commento di Dario ha la ‘sintassi’ di un pensiero automatico. Mi ha affascinato molto. E’ come il linguaggio-magma che, nascendo, crescendo, abbiamo purtroppo imparato a dimenticare.
    Un caro saluto a tutti e auguri per tutto,
    Salvatore

  7. 7 Valeria Bellagamba Dic 30th, 2009 at 11:47 am

    Grazie Salvatore per il tuo commento!
    Torna pure a farci visita.

    Un caro saluto e un augurio per un buon 2010.

    A presto!
    Valeria

    PS: grazie sempre a Dario per i suoi interventi e le sue sempre originali osservazioni, ma è scontato… 😉

  8. 8 DARIO PETROLATI Dic 31st, 2009 at 5:44 am

    Ragazzi che bello leggervi
    sapervi immaginarvi chi su chi laggiù
    posso solo volervi bene e ringraziarvi
    constatando che siete bella gioventù
    quella che vissi io ora l’avete voi e sapete conservarla
    passarvela di mano in mano
    uno prima di voi ha toccato guardato odorato il vostro presente che meritate solo ridente senza cativeria alcuna

    “cose”

    dario

  9. 9 Andrea Bacianini Dic 31st, 2009 at 11:26 am

    Grazie per essere passato di qua, Salvatore. Un caro augurio a te e a tutti.

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