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La svalutazione del lavoro intellettuale nell’era di Internet

Su questo blog abbiamo già parlato nei mesi scorsi di futuro digitale e di pirateria per i libri, torniamo ora sull’argomento, dopo averne già discusso pubblicamente venerdì scorso in occasione della nostra partecipazione a Rete in lettere. Internet e cultura, presso la Mediateca di Senigallia, occupandoci più specificamente di giornalismo.

L’occasione ci viene data dall’interessante articolo di Francis Wilkinson, “Si scrive con i soldi”, pubblicato nel numero 794 della rivista Internazionale, in questi giorni in edicola.
Francis Wilkinson è vicedirettore dell’edizione statunitense di The Week, su cui è uscito l’articolo, che riportiamo di seguito come pubblicato su Internazionale con la traduzione di Stefano Valenti.

Si scrive con i soldi

I blog hanno aiutato molti autori a farsi conoscere. Ma la verità è che guadagnarsi da vivere scrivendo è sempre più difficile

Nel 1896 Richard Harding Davis fu inviato a Cuba per raccontare una guerra attesa con ansia dall’editore William Randolph Hearst. Hearst offrì a Davis, che aveva 32 anni, tremila dollari per un mese di lavoro. Lo scrittore prevedeva di guadagnarne altri seicento collaborando come freelance con Harper’s Magazine. Era un autore conosciuto e popolare. Oggi l’equivalente di quei compensi sarebbe una somma a sei cifre, difficile da ottenere perfino per i giornalisti più famosi.

Negli anni venti John Maynard Keynes guadagnava migliaia di dollari collaborando con importanti quotidiani e periodici. E quei soldi rappresentavano sicuramente una parte significativa del suo reddito. Keynes era un autore famoso e discusso, oltre che brillante, e questo contribuiva ad aumentare il suo potere contrattuale. Ma, come Davis, poteva anche approfittare di un mercato in cui inchieste, analisi e opinioni, insomma il lavoro di chi scrive, non erano scandalosamente malpagate come oggi.

Il successo del web e il parallelo declino dei quotidiani stanno facendo discutere. Ma la rete non ha danneggiato tutti: nonostante la pirateria, il box office di Hollywood è alle stelle e a gennaio ha registrato un incasso miliardario. Invece, visto che l’informazione online è quasi sempre gratuita, il valore di mercato del lavoro giornalistico è decisamente basso. Le conseguenze per i quotidiani sono note: stanno morendo. E in parte per le stesse ragioni anche le riviste sono in difficoltà. Ma se gli editori non riescono a farsi pagare dai lettori, che ne sarà dei giornalisti?

Da un certo punto di vista, per chi scrive è un’epoca eccezionale: si può aprire un blog, pubblicare interventi online e raccogliere i suggerimenti dei lettori, dei commentatori e dei colleghi. Tutto vero. Oltre ad allargare il pubblico dei giornalisti famosi, la rete è diventata una vetrina per giovani talenti. In rete non ci sono gerarchie da rispettare, e la loro bravura non è ostacolata dalla miopia dei direttori.
Ma per molti giovani giornalisti il problema è come guadagnarsi da vivere. I quotidiani non offrono spazi. Il New York Times oggi paga trecento dollari per un editoriale, meno di quanto pagasse dieci anni fa, e nemmeno allora pagava un granché. Con oltre mille proposte di collaborazione alla settimana, il giornale non ha bisogno di comprare articoli di commento. Dopotutto, il numero di persone disposte a scrivere senza farsi pagare è enorme.

Nel 2007 ero stato incaricato di reclutare nuovi autori per l’Huffington Post. Avevo calcolato che il sito aveva bisogno di settantacinque proposte gratuite al giorno, cinque giorni alla settimana. Un obiettivo apparentemente irraggiungibile. E invece nell’arco di due mesi si erano offerti volontari centinaia di blogger, in gran parte autori pubblicati da editori importanti.
Nel mondo editoriale – tra libri, riviste e giornali come il New York Times, il Washignton Post o il Wall Street Journal – ci sono sempre stati autori abbastanza ricchi da non aver bisogno di uno stipendio per vivere. Ma anche i giornalisti meno fortunati potevano sopravvivere senza doversi occupare per forza di gossip hollywoodiano. Non facevano la bella vita, ma almeno tiravano avanti.

Oggi chi non ha dei genitori ricchi o una rendita difficilmente può fare questo mestiere. Chi è alle prime armi non può certo permettersi di passare uno o due anni a scrivere su un blog senza guadagnare niente, in attesa di trovare un pubblico disposto a pagare. Morirebbe di fame. Negli ultimi quindici anni le collaborazioni ben pagate sono diminuite. Le possibilità di lavorare per un quotidiano o una rivista seria sono pari allo zero. Esistono delle eccezioni, lo so. Ne esistono sempre. Ma nel complesso, scrivere sembra più che mai un’esclusiva delle classi superiori e di chi ha grandi possibilità economiche. I figli dei ricchi, con lauree prestigiose, possono provarci. Ma per chi proviene dalle classi popolari potrebbe essere molto più dura. Non è come nel mondo della musica, dove le origini umili sono quasi uno stereotipo.

Internet ha messo in ginocchio i quotidiani e le riviste importanti. Forse anche la scrittura che nasce dalla conoscenza diretta del mondo o dal punto di vista dei più poveri diventerà un relitto del passato. Non ce n’era molta neanche prima. Ma oggi le star del cinema, i grandi manager e perfino gli autori famosi scrivono gratis. Perché mai un ragazzo qualunque di cui nessuno ha mai sentito parlare dovrebbe essere pagato per farlo?

(Il grassetto è mio)

11 Risposte a “La svalutazione del lavoro intellettuale nell’era di Internet”


  1. 1 Valeria Bellagamba Mag 10th, 2009 at 6:50 pm

    L’analisi è chiaramente riferita alla società americana, ma credo si adatti perfettamente anche alla nostra realtà.

    Può sembrare “curioso” riprendere questo articolo qui, su un blog che nasce da un’iniziativa di volontariato e dove gli autori scrivono, ovviamente, a titolo gratuito e mettono a disposizione documenti, saggi, libri e tesi di laurea, tutti scaricabili gratuitamente…

    Tuttavia, siamo molto sensibili, proprio perché è anche la nostra attività, riguardo al lavoro intellettuale e alla sua tutela.
    Un conto è mettere a disposizione di tutti e gratuitamente parte del proprio lavoro intellettuale e il tempo ad esso dedicato, che non è mai poco… tutto questo nell’ambito di un progetto di volontariato di ampio respiro, al di fuori di rigide scadenze, che coinvolge più persone che collaborano tra loro, aiutandosi a vicenda, e riguardando per lo più contenuti di nicchia, che difficilmente verrebbero pubblicati, ma che meritano comunque visibilità…
    Altro è pretendere di considerare il lavoro intellettuale gratuito “a priori”, come purtroppo sembra sempre più succedere da qualche tempo a questa parte…
    Vedi i fenomeni della pirateria sempre più diffusa, la condizione di vera e propria schiavitù in cui si trovano ad operare molti giornalisti, il triste e squallido fenomeno degli editori a pagamento, lo stipendio da sottoproletariato di chi fa l’insegnante, che spesso nelle scuole private, come recentemente emerso da alcune inchieste, percepisce al massimo un rimborso spese, quando va bene…

    Questo fenomeno è molto preoccupante, perché ne va della libertà del lavoro intellettuale e soprattutto della sua accessibilità da chi proviene dalle classi sociali più povere.
    Se non si viene pagati per fare il musicista (sul serio! e non il buffone televisivo), lo scrittore o il giornalista (lasciamo perdere la poesia che da sempre è stata attività da morti di fame, ma data la sua particolarità è anche giusto che non sia commerciabile…), il rischio è che solo i ricchi possano dedicarsi a queste attività… con tutte le conseguenze immaginabili in merito alla libera manifestazione del pensiero e all’esclusione sociale…

    Perché per dedicarsi SERIAMENTE e professionalmente alle attività sopra elencate occorre tempo, studio, esercizio, preparazione….
    Invece, da un po’ di tempo a questa parte, come ho già detto più volte, si va affermando la convinzione che dedicarsi ad una professione intellettuale creativa sia un divertimento… qualcosa che possono fare tutti, senza tanto sforzo…
    In molti casi è anche un divertimento, ma allo stesso tempo un artista o uno scrittore lavora sempre… non c’è nel suo caso quella distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero che c’è per esempio per chi lavora in ufficio (poi magari uno può anche divertirsi lavorando in ufficio), ma sempre lavoro è, ed è sempre più rischioso e precario di un cosiddetto “lavoro normale”. Senza contare poi le rinunce e i sacrifici, spesso molto duri per arrivare a certi livelli di professionalità.

    Solo che purtroppo, e questo è colpa della televisione, del cinema e della letteratura di basso livello, del giornalismo “gossipparo”, dell’editoria mercantilistica e della pessima informazione in generale, siamo stati investiti da “contenuti” pseudo culturali e di infimo livello, volti per lo più a compiacere i bassi istinti del pubblico, invece di stimolarne la curiosità e l’intelligenza, accrescendone allo stesso tempo le conoscenze, che hanno fatto venir meno anche il rispetto da parte del pubblico nei confronti dei contenuti culturali.

    Per questo trovo condivisibile l’analisi di Wilkinson.
    L’unico punto che non condivido è quello sulla musica: è vero che la musica è sempre stata una grandissima opportunità per emanciparsi da una condizione sociale di miseria, basti come esempio le storie dei famosissimi musicisti afroamericani, però questo oggi vale solo per la musica commerciale e televisiva, vale se partecipi a “X Factor” o se pubblichi una canzoncina idiota che viene trasmessa in radio in continuazione.
    Per chi fa musica classica, jazz o musica “leggera” dignitosa il discorso di Wilkinson non vale.

    Il fatto è che torna ancora una volta il tema della svalutazione del lavoro intellettuale, soprattutto creativo (gli avvocati infatti sono ancora pagati bene).
    Ovunque trionfa lo schifo e la volgarità.
    Poi gli statistici gridano allarmati all’analfabetismo di ritorno… e ci credo! Con l’industria culturale che abbiamo… nella società in cui viviamo… in cui sono riconosciuti solo i meriti legati al denaro e al materialismo…. mentre i meriti intellettuali, artistici (sul serio!), spirituali e morali non hanno diritto di cittadinanza, perché non mercificabili!
    Un ricercatore in filosofia, detto per inciso, non se la passa benissimo nemmeno in un’università tedesca o americana… in questo caso infatti non ci sono le multinazionali ad investire in progetti di ricerca…

    La conseguenza di questa situazione non è la scomparsa di qualche intellettuale, magari pure borioso, bensì la minaccia alla nostra stessa esistenza in quanto esseri umani…

    Per questo insisto e ancora insisterò su questi argomenti…

  2. 2 Valeria Bellagamba Mag 10th, 2009 at 6:57 pm
  3. 3 Giuseppe D'Emilio Mag 10th, 2009 at 7:29 pm
  4. 4 DARIO PETROLATI Mag 11th, 2009 at 10:05 am

    Ho passato une serata curiosa ma non interessante quanto credevo
    Di certo l’informatica annessi e connessi il Web in sintesi ed allargato ha prevalso sul lato umano ed io da quel che sono Vi chiesi cosa e come si può risolvere anche il problema che non troppo si nasconde dietro alle ” chiamate” espresse nei commenti dei blog.
    Questo vi chiesi in quanto essendo a stretto contatto con le Università di Trieste-Padova-Ferrara-Ancona e Macerata spesso per non dire sempre ho constatato un sunto di “dolore-solitudine-impreparazione culturale” di uomini che vivono troppo lontano da questa realtà fuggevole e che espressamente forse non hanno coraggio bensì pudore di chiamare anche con il loro vero nome
    Allora mi viene il pesante dubbio che la società di informatica abbia passato lo spirito pensando piuttosto al tempo da accorciare :arrivare prima o subito -dove-dove.
    Nei miei suggerimenti e commenti spesso noto ‘sto disagio che si può chiamare anche -(SOLITUDINE)-
    Grazie per ogni eventuale risposta.
    Auguri sempre per il Vostro entusiasmo
    dario.

  5. 5 Giuseppe D'Emilio Mag 11th, 2009 at 6:39 pm

    Già, Dario: problemi non indifferenti sono l’eccesso di informazioni, la fretta con la quale spesso queste si acquisiscono/si possono acquisire, la voglia di alcuni di essere protagonisti, senza avere poi il tempo o il desiderio di leggere attentamente ciò che scrivono altri.

    Auguri anche a te!

  6. 6 DARIO PETROLATI Mag 12th, 2009 at 8:42 am

    E’ proprio come pensavo dessi la risposta
    caro Giuseppe
    mi spiace veramente essere sembrato come fuori tema o non aver saputo dare il contributo che invece meritate
    è importante e per me molto
    che ci siamo capiti
    grazie a tutti
    e sempre infiniti auguri
    dario

  7. 7 Andrea Bacianini Mag 14th, 2009 at 8:49 pm

    Aggiungo qui un passo dalla riflessione di Umberto Eco alla vigilia del Salone del Libro di Torino (http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/fieralibro/200905articoli/43661girata.asp):

    Domanda: Infatti in Internet, in vista dell’era e-book, ma non solo, si stanno formando varie biblioteche digitali che conterranno milioni di libri scaricabili online per cifre molto più modeste dei libri di carta. Il grande problema sono i diritti d’autore. Google ha chiesto ad autori e editori di rinunciare ai copyright in cambio di un forfait. Lei aderirà?
    Umberto Eco: «Sono sempre favorevole alla diffusione dei libri e ho già aderito a richieste di dare un mio libro con un quotidiano anche se il forfait era modesto. Naturalmente dipende dalle condizioni: credo si dovrà fare una differenza tra il forfait per un libro che ha venduto sinora mille copie e uno che ne ha venduti alcuni milioni. Google non è una onlus e gli scrittori debbono trarre un giusto guadagno dal loro lavoro».

  8. 8 Valeria Bellagamba Mag 14th, 2009 at 8:56 pm

    Grazie Andrea.
    SACROSANTE le parole di Eco.

    Google non è una Onlus…

  9. 9 DARIO PETROLATI Mag 16th, 2009 at 10:47 am

    Sono 22 gli anni oggi per il Salone del libro a Torino – lingotto
    questo avvenimento è rattristato dalla scomparsa di Susanna Agnelli
    Pare stando a quanto riferito da Ferrero che ‘stanno si supererà ogni più ottimistica previsione per i visitatori acquirenti.
    Peccato io abbia disdettato l’impegno con data che un mio amico di quassù aveva preso
    Ogni anno è ‘sta storia o tocca Francoforte o Torino
    Mi rifarò in piccolo sulle nuove bellissime iniziative cominciate con la mostra dedicata ad Anna Magnani
    Il Centro S.Gaetano di Via Altinate ove prima sorgeva il vecchio tribunale è diventato anche e molto più frequentato del “Santo”.
    Onore a questa giunta anche se a livello personale Zanonato non mi è simpatico ma non c’è di meglio .
    Tantissimo, solo di peggio.
    Comunque chiunque dovesse venire a Padova vada in Via Altinate e proverà grande soddisfazione culturale quasi incredula.
    dario.

  10. 10 Valeria Bellagamba Giu 29th, 2009 at 2:23 pm

    L’argomento è quanto mai attuale, non solo per la scrittura e il giornalismo….

    Questo è quanto mi ha scritto ieri un amico fotografo:

    Sono stato contattato da un caposervizio di una nota rivista a diffusione nazionale. Mi ha chiesto se gli posso REGALARE una quindicina di foto da pubblicare, e lui in cambio mi darà “ampia visibilità“, cioè il mio nome pubblicato in didascalia.

    Gli ho fatto presente che la foto per me è un lavoro, e sono abituato a produrre foto per le Agenzie, che vegono poi VENDUTE ai giornali e quindi regolarmente FATTURATE.

    Comunque, gli ho detto che sono disposto a valutare la sua proposta, ma lui in cambio deve provare a telefonare al supermercato dove vado a fare spesa di solito.

    Dovrebbe chiedere se posso presentarmi alla cassa con il carrello pieno senza tirare fuori il portafoglio, e portare a casa la spesa solamente promettendo di fare ampia pubblicità ai prodotti del supermercato, parlandone bene a tutti quelli che conosco.

    Non mi ha più risposto.

  11. 11 Valeria Bellagamba Ago 3rd, 2009 at 11:10 pm

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