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Giornata Panziniana per 150 anni dalla nascita dello scrittore senigalliese Alfredo Panzini

Alfredo_PanziniVenerdì 22 novembre 2013 a Senigallia si terrà una Giornata Panziniana, evento inserito fra le celebrazioni del 150° anniversario della nascita dello scrittore senigalliese Alfredo Panzini (1863-1939).

La Giornata Panziniana, organizzata in collaborazione con il Comune di Senigallia e l’Istituto d’Istruzione Superiore A. Panzini, e con la partecipazione del Comune di Bellaria Igea Marina e dell’Accademia Panziniana, prevede due sessioni di convegno, una mattutina e l’altra pomeridiana, che avranno luogo rispettivamente all‘Istituto di Istruzione Superiore A. Panzini e all’Auditorium San Rocco e che ospiteranno gli interventi di studiosi e docenti di materie letterarie, intervallate da un pranzo su invito a tema con intermezzo da “Le ostriche di San Damiano”, a cura degli studenti del detto Istituto.

Quando all’inizio di quest’anno – scrive Antonio Maddamma, ideatore e coordinatore della Giornata Panziniana – ho pensato ad un evento che celebrasse i 150 anni dalla nascita dello scrittore senigalliese Alfredo Panzini, il mio pensiero è corso alla sua patria d’elezione, la sua Bellaria, dove visse e scrisse molte delle sue opere. Invitati d’eccellenza della Giornata Panziniana sono dunque il Comune di Bellaria-Igea Marina e l’Accademia Panziniana, presieduta da Arnaldo Gobbi, nipote di “Finotti”, il contadino mezzadro di Panzini. Invito accolto con entusiasmo e che inserisce la Giornata Panziniana fra gli eventi celebrativi promossi e sostenuti da questa Accademia, che si concluderanno il 31 dicembre, giorno di nascita di Alfredo Panzini, con un commosso omaggio alla sua tomba nel cimitero di Canonica di Sant’Arcangelo. Il nostro intento è quello offrire un contributo ancorché modesto alla conoscenza di uno scrittore, la cui opera, tanto apprezzata mentre ch’egli visse, quanto ignorata, messa in ombra e di fatto epurata dopo la sua morte dalle maggiori correnti della critica letteraria novecentesca, andrebbe nuovamente riscoperta.

In allegato il programma della Giornata Panziniana.

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L’ultimo galeone

ultimo-galeonePoderoso, con le sue oltre seicento pagine, L’ultimo galeone (Castelvecchi editore, collana Narrativa, 2013, pagg. 649, euro 22,00), primo romanzo di Eugenio Giudici, già finalista al Premio Calvino dello scorso anno, a prima vista ti dà l’impressione di uno di quei palazzi del Cremlino moscovita, che secoli di storia sotto gli Zar hanno portato a perfezione per consegnarlo alla rivoluzione sovietica. E alle sue incrinature. Non è un caso che quando l’autore innalza il suo protagonista, Vladimir Vasiliev, solerte funzionario ispettore dell’oro di Madrid (che presto sarà per tutti l’oro di Mosca), al rango di ufficiale della GUGB con il nome di Sergej Malenkov, su indicazione del compagno maresciallo Voroshilov, l’incontro con il ministro dell’interno Ezov e il segretario personale di Stalin Poskrebyshev sia preceduto dal ricordo del suicidio di Nadya Allilueva, seconda moglie del leader sovietico. Quasi a dirgli che, anche per il suo nuovo rango di ufficiale, le memorie giovanili della rivoluzione andassero messe da parte e bisognasse agire secondo i nuovi canoni del regime, per non apparire un “traditore”. Sono gli occhi di Stalin che ti seguono, compagno Malenkov, anzi piuttosto i suoi orecchi, mediati dagli occhi e dagli orecchi dei suoi molti informatori. Non fidarti di nessuno, men che meno di Orlov, compagno Malenkov. La questione dell’oro di Mosca è un affare che scotta, da sempre. E che ha solleticato il nostro autore: tutto nasce dalla sparizione di circa 100 casse d’oro (errore di computo o altro?) dal convoglio partito da Cartagena e sbarcato a Odessa fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre del 1936. Quattro claveros del Banco de España e quattro navi, Kine, Kursks, Neva e Volgoles, con la seconda (costretta?) ad uno scalo marittimo a Creta, su cui Sergej Malenkov ha il compito di indagare. Eugenio Giudici ne fa il motore del suo romanzo, ottocentesco nella struttura, ma novecentesco nello stile e nelle tecniche narrative, un giallo moderno, dove ciò che davvero conta per l’investigatore, oltre a non bruciarsi, non è tanto scovare gli esecutori e mandanti di un crimine, quanto guardare dentro di sé: Vladimir Vasiliev, alias Sergej Malenkov, in un percorso che lo porterà dalla Russia stalianiana nel mezzo della Spagna agitata dalla Guerra Civile, fino alla Francia, terra d’elezione di rifugiati politici in esilio, scoprirà, a partire dalla propria vicenda personale, e grazie a un professore italiano, forse di parte, ma marxista, quanti diversi significati, e quali diversi fini, nasconde la parola compagno. Una lezione che più che alla Storia vuole parlare alla nostra coscienza di uomini.

Eugenio Giudici è nato nel 1950 e vive a Milano. È laureato in architettura, ha lavorato per tredici anni in ambito pubblicitario come art e copy, direttore creativo e amministratore delegato. Successivamente è passato al mondo della moda e dell’abbigliamento nel settore marketing, produzione, direzione industriale in Italia, Cina e Germania. Infine ha deciso di chiudere con tutto per dedicarsi a quello che da sempre voleva fare: affrontare la sfida di raccontare e di scrivere. Con la raccolta di racconti Piccole storie è stato finalista al Premio Calvino nel 2012.

Traversine a Il cantiere di Radio3

Sabato 19 ottobre 2013 alle ore 19.00 è andato in onda su Il cantiere di Radio3 un racconto radiofonico tratto dal libro Traversine di Massimo Conti, coprodotto da Radio 3 e il Teatrodelleisole: voce narrante Gianluca Vincenzetti. È possibile riascoltare la trasmissione collegandosi al sito di Radio3 o scaricarlo in podcast. Qui il link.

 

Gli ebook e la Repubblica delle Lettere

A pochi giorni dall’International Self Publishing Festival, che si svolgerà a Senigallia il 19 e 20 ottobre 2013, nel quale si parlerà di editoria digitale e open access, propongo alla vostra attenzione (e discussione, se vorrete) questo articolo comparso il 12 ottobre scorso sul sito web del quotidiano “la Repubblica” a firma di Massimiliano Bucchi,  che contiene un’intervista allo storico statunitense Robert Darnton, direttore della Biblioteca Universitaria di Harvard e fondatore del Gutenberg-e program.

LE FIABE terrificanti della tradizione contadina; un massacro di gatti perpetrato da un gruppo di tipografi parigini; i rapporti di un ispettore di polizia su scrittori pericolosi per il regime; la classificazione e suddivisione dei saperi nell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Queste le singolari chiavi di accesso che Robert Darnton sceglie per ricostruire i “modi di pensare” nella Francia del Settecento.
Il grande massacro dei gatti, ripubblicato in questi giorni da Adelphi e tradotto in una ventina di lingue, è uno dei suoi libri di maggior successo. Storico delle idee con un breve ma significativo background giornalistico  -  un’esperienza giovanile alla cronaca nera del New York Times che talora affiora nelle sue vivide narrazioni  -  Darnton insegna ad Harvard dove dirige anche la biblioteca universitaria, la più grande biblioteca accademica e sistema bibliotecario privato del mondo. 

Come responsabile della biblioteca di Harvard lei si è espresso spesso a favore del cosiddetto open access. Vede un rapporto tra queste posizioni e il suo lavoro di studioso dell’Illuminismo e delle varie forme di circolazione del sapere?

“C’è sicuramente una connessione, anche se non è arrivata intenzionalmente. Come studioso dell’Illuminismo sono sempre stato attratto dall’idea di “Repubblica delle lettere”: una Repubblica senza confini, aperta a tutti, egalitaria. È un’idea che forse precede addirittura l’Illuminismo, centrale per il modo in cui l’Illuminismo vedeva se stesso. Oggi con i media digitali abbiamo la possibilità di realizzare quella che all’epoca era forse un’utopia. Così, quando mi sono trovato a capo della biblioteca di Harvard, con i suoi 17 milioni di volumi, ho cercato di fare il possibile per mettere a disposizione questo patrimonio non solo a docenti e studenti, ma a tutto il mondo, cercando di evitare che fosse monopolizzato da colossi come Google. Ci vorrà ancora molto tempo, e ci sono ancora molti problemi da risolvere, ma con il progetto Digital Public Library of America oggi siamo già in grado di offrire libero accesso a oltre 4 milioni di contenuti digitali”.
(… continua a leggere ‘Gli ebook e la Repubblica delle Lettere’)

Edizione record al Premio Calvino: iscritti e nuovi esordi

Chiude il #Bando27 del Calvino, confermando l’andamento in crescita del Premio negli ultimi anni. Sono infatti moltissimi i manoscritti in concorso per la XXVII edizione, che quest’anno parte con il numero record di ben 800 partecipanti.

Il Premio, che da anni si è affermato nel panorama del talent scouting letterario nazionale, può contare un notevole numero di autori ormai affermati. E anche quest’anno saranno molti gli esordi di qualità selezionati dal Comitato di lettura. I primi mesi del 2014 vedranno l’uscita in libreria degli autori protagonisti della finale appena conclusa con alcuni dei più importanti ed interessanti marchi editoriali italiani. Ecco quali saranno gli attesi esordi dei finalisti della XXVI edizione:

Domenico Dara, Breve trattato sulle coincidenze – Nutrimenti

Andrea D’Urso, Nomi, cose e città Edizioni E/O

Marco Magini, Come fossi solo – Giunti

Francesco Maino, Cartongesso Einaudi

Simona Rondolini, I costruttori di ponti Elliot

Carmen Totaro, Le piene di grazia – Rizzoli

GLI ESORDI DEL 2014 – Testi complessi, di inconsueto valore e di indubbia originalità, a partire da “Cartongesso”, l’opera vincitrice, un’appassionata invettiva contro il degrado antropologico, paesaggistico e linguistico dell’odierno Veneto ex miracolato, che diventa simbolo dell’Italia tutta. Una scrittura nella quale i vari registri si fondono e si confondono in inedite forme espressive. Emergono termini e frasi dialettali, in “Cartongesso”, così come in altri due testi: “Breve trattato sulle coincidenze” e “Le piene di grazia”.Il primo, dal profumo d’antan, è l’opera sicuramente più lieve e garbata, percorsa da carsiche nostalgie. Un postino, cultore di cabalistiche coincidenze, cerca di intervenire nelle vite degli altri, alleviando sofferenze e favorendo amori, in un paesino calabrese un po’ fuori dal tempo.“Le piene di grazia”è invece un testo di notevole potenza drammatica e di azione condotta all’estremo. Parte da un fatto di cronaca nera e si snoda tra le efferatezze e l’”osceno” di una Puglia ostile e cupa, dove la criminalità si insinua nelle pieghe del quotidiano. Ne “I costruttori di ponti”la protagonista ‒ un perfetto esempio del complesso di Elettra: ama il padre e odia la madre ‒, figlia di un direttore d’orchestra, realizza dapprima una totalizzante immersione nella musica di Mahler, per poi annullarsi in una macabra esperienza lavorativa ‒ resa con icastica e allucinata evidenza ‒ in una macelleria industriale. È uno gigolo, un professionista del sesso, il personaggio principale di “Nomi, cose e città“. Suo tratto distintivo, la smagata sprezzatura, una malinconia verso un passato che riaffiora a intermittenza attraverso il gioco infantile cui allude il titolo. Donne mature, più o meno abbienti, lo vedono come lo strumento per realizzare i loro inconfessati desideri o magari semplicemente il loro inconfessabile desiderio di affetto. “Come fossi solo” ci precipita nell’incubo del massacro di Srebrenica, raccontato da tre personaggi: un giudice del Tribunale penale internazionale, un soldato olandese del contingente ONU, un miliziano serbo-bosniaco. Riuscitissima la rappresentazione della violenza etnica, cui tutti sembrano destinati a subordinarsi, in un vortice di ataviche pulsioni e di cedimenti della volontà.

Il Comitato di lettura del Premio Calvino


www.premiocalvino.it
segreteria@premiocalvino.it

La città delle bambole

La città delle bambole

Racconto di Francesco Iodice

Alla mia prima moglie, Eleonora

La rivalità è il sentimento più intimo dell’Essere Umano.

Fra molti anni gli uomini non si fideranno più delle donne, cammineranno da soli per i viali ricoperti di foglie bagnate, i viali della città delle bambole.

Dopo una terribile epidemia del virus della rivalità, le donne non esisteranno più, ci saranno soltanto le bambole. In Francia, al sud, ci saranno molte bambole, saranno molto belle, meravigliose, e gli uomini s’innamoreranno di loro e del loro profumo. Il profumo delle bambole assomiglierà molto a quello delle donne vere, ma le donne vere, purtroppo, non le ricorderà più nessuno.

La città sarà bella, piena di alberi e caramelle, una discesa dalle colline porterà giù fiumi di trepidazione. Una bambola che si chiamerà Cecilia, avrà i capelli biondi e il profumo della neve fresca; aprirà gli occhi una mattina e darà inizio a questa storia.

Nella città di Cecilia ci saranno centinaia di altre bambole, ognuna delle quali apparterrà a un uomo sfortunato. Gli uomini avranno imparato ad amare le bambole, non ricorderanno più il piacere della voce di una donna, né il suo profumo disperso nel tempo che fu. Cecilia sarà una delle più belle bambole del sud della Francia, avrà la voce dolce delle bambine e le sue parole quella mattina arriveranno al nostro orecchio come dei suoni lontani sommersi dall’acqua.

(… continua a leggere ‘La città delle bambole’)