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A proposito di “Dove ballano le ragazze” di Alessandro Cartoni

“Dove ballano le ragazze” di Alessandro Cartoni (Zeroundici edizioni 2017, pp. 141, €14,50)

di Angelo Canaletti

 

Leggo poco di narrativa, perché sono uno che giudica facilmente. Troppo facilmente. Guardo le copertine, apro una pagina a caso, leggo. Se trovo indigesto il linguaggio o se la presentazione dell’autore mi irrita, allora mi tiro indietro. Se la copertina è troppo in un modo o poco in un altro, mi tiro indietro. Mi risparmio un sacco di schifezze, ma forse perdo un bel po’ di roba buona. Poi mi accosto alla saggistica, scientifica o politica e mi ritrovo a casa. Apro il libro di Scalzone sul ’77, prefazione di Erri De Luca. Mi trovo a casa. Leggo.

Non si fa così! Ma questo è. In più mi metto a scrivere romanzi, di cui uno pubblicato. È facile, racconto una storia, e lascio che il carattere dei personaggi emerga dalle loro azioni, che sia il loro “fare” a connotare il loro “essere”. E il lettore deve prendersi la briga di capire e scavare. Lo faccio perché sono uno stronzo, che ha l’imbarazzo nel mettersi a nudo ed esplorare e auto-esplorarsi. Come me un mucchio di autori, che siano famosi (tristemente) o tristemente ignoti. Devo dire che, in molti casi, ci sono presuntuosi scriventi che comunque battono il sentiero rischioso dei sentimenti e dei ragionamenti volti a rendere esplicite tensioni interiori e lacerazioni umane, e la miseria dei loro risultati opprime la mente e allontana i lettori. Oppure ne avvicina di insulsi, superficiali e sciatti. Come quei personaggi che selezionano il loro cagnolino da passeggio sulla base della somiglianza tra il muso dell’animale e la loro espressione facciale. Li vedi in giro e li riconosci perché sembrano fratelli.

È uscito un libro, raccolta, narrazione segmentata (?), di Alessandro Cartoni: “Dove ballano le ragazze”. La storia cambia. Conosco Alessandro, l’interesse cresce. Copertina e presentazione dell’autore non respingono, anzi. Apro la solita pagina a caso, funziona. Il libro va letto, occorre trovare il tempo. Sono un italiano medio, lo leggo durante le ferie. Tra mare e montagna. Poi lo rileggo, a casa.

Alessandro Cartoni ha una scrittura eroica, assai gradevole e capace di rendere pulita l’esplorazione delle viscere intrise di sangue. Ti accorgi che gli schizzi di sangue e merda sono tutti addosso a te, che la tua magliettina candida è sporca come quella di un minatore ferito, mentre la sua pagina è linda. La percorri senza fatica, sei alla successiva e poi a quella che segue. La lettura scorre, ti immerge e ti stravolge. Ne esci insanguinato ma continui a leggere e non capisci quando hai cominciato a sporcarti. A questi livelli, da tempo, io non ho trovato nessun autore, o meglio, devo scavare nel passato, quando da universitario leggevo qualche americano serio oppure mi scuotevo con musiche hard core dalle cuffie.

“Dove ballano le ragazze”: non c’è niente da fare, sei lì, tra quei giovinastri a fare l’idiota, mentre vorresti essere almeno un po’ innamorato di Gaja. Come pure della bambolina che ti sbriciola le palle come frutta secca nello schiaccianoci. E l’imbarazzo cresce e cresce il sudore quando entri dalla psicoterapeuta. Cartoni restituisce il nostro mondo fallimentare al suo reale fallimento, quello di ognuno di noi. Di noi lavoratori e schiavi, di noi mogli e mariti inadeguati e inetti o succubi. Di noi fuggiaschi. Anche desiderosi d’amore. Traccia un percorso che forse è suo, e lo è nel senso soggettivo di chi lo ha attraversato ma lo è anche nel senso della descrizione di una soggettività, ovvero di una tipologia ampia. Io continuo a fare finta di non farne parte, la mia soggettività preferita è quella del sovversivo, di quello che capisce e sa districarsi e vede avanti. Tutte cazzate! Io l’ho letto perché ci sto dentro, perché Alessandro fa quello che io non so fare: mettere nero su bianco l’ansia, la solitudine e l’immorale.

Ogni suo personaggio è uno specchio e se leggi devi specchiarti; in ognuno ti ci riconosci, anche in quelli che a libro chiuso definisci come tuoi avversari, nemici, antagonisti. Stanno lì, mentre ti specchi ti guardano, parlano con te come lo fanno con il protagonista narrante. Ci sono quelli che vorresti abbracciare, palpeggiare, accarezzare, e quelli che sai di odiare. Eppure, ognuno di loro ti tira pugni in faccia e allo stomaco. Ecco da dove viene tutto quel sangue, ecco perché il ventre duole. Provincia e provinciali, ma chi dice che in città stiano alla grande? Vuoi che un barista gradasso, dotato di Jaguar, non abiti un quartiere qualsiasi di una vivace metropoli? Urlante e strafottente. Vuoi che un Liceo dei Parioli non sia popolato da dementi forzati all’apprendimento e da docenti meschini e inclini a commentare a sproposito la tua vita? Il libro convince che sì, questa umanità, o meglio, questa interpretazione del nostro essere “umani” è sparpagliata ovunque. Certo, in provincia tutto questo si esalta, è ben visibile perché ogni cosa è angusta e la meschinità trova riparo meno facilmente.

Narrazione di relazioni, dialoghi che non consolano, il libro tesse una tela di personaggi e vite affluenti lungo il letto del fiume su cui scorre l’esistenza del narratore. Non so dire se Foucault ci sia di mezzo, fatto sta che questa tela narrativa nasce anche dall’incrocio con istituzioni totali come la scuola (il dirigente), la famiglia e la strizzacervelli. Nessuno gli offre un argine-riparo, un appiglio, fosse anche il palo di una ballerina di lap-dance o una bambola gonfiabile come salvagente. Mentre leggo mi sento portato dalla corrente di quelle acque. Sangue e merda, e sono bagnato fino al collo. Poi Cartoni infila gli occhiali da sole. Provo a metterli anche io. Gli occhiali da sole, il filtro e lo scudo, segno di precauzione e presa di distanza. Non sono un rifugio, sono un messaggio – almeno quello – la voglia di oscurare una realtà non gradita, per cui non si ha nessun interesse.  E comunque non sono ammessi a scuola, non rientrano nelle regole. Indossarli, quindi, è il minimo che si possa fare.

Saper scrivere così, avere questa profondità. Narrativa che vale. L’ho letto e, come detto, ho pensato che valeva la pena ritornarci per una seconda lettura. Se arrivo alla terza, per “Dove ballano le ragazze”, allora lo impilerò nello scaffale accanto a “Macchine ed Esseri Viventi”. Con il robottino di latta che fa la guardia.

 

Eh sì, stavolta è tocccato proprio al nostro Alessandro Cartoni essere recensito… Ringraziamo Angelo Canaletti per l’amichevole corrispondenza

1 Risposta a “A proposito di “Dove ballano le ragazze” di Alessandro Cartoni”


  1. 1 NON È UN PAESE PER VERSI – DOVE BALLANO LE RAGAZZE | Il fruscio secco della luce Pingback su Feb 18th, 2018 at 12:30 pm

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