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250 anni fa la porpora al Cardinale Nicola Antonelli, ornamento principalissimo del Vaticano

Pubblicato sul mensile L’Eco – luglio 2009

Cardinale Nicola Antonelli

Il 24 settembre del 1759 Nicola Antonelli fu nominato Cardinale del titolo dei Santi Nereo e Achilleo, due militari romani martirizzati sotto Diocleziano. Il prelato era nato a Pergola nel 1698, discendente da una famiglia originaria di Gubbio ed iscritta dal 1622 nell’albo delle famiglie nobili di Senigallia. Suo padre, il conte Francesco, era il Castellano della Rocca roveresca; suo fratello Filippo, militare e Principe dell’Accademia d’Arcadia pergolese degli Immaturi, avrebbe generato Leonardo, l’altro Cardinale di casa Antonelli.

Convittore del Collegio dei Nobili retto in Urbino dai Padri Scolopi, Nicola fu poi inviato a Roma presso le Scuole Pie del collegio Nazareno, anch’esso dei nobili, dove completò gli studi filosofici. Quindi seguì gli studi di diritto canonico e civile e si segnalò anche come profondo studioso delle civiltà orientali, soprattutto la caldea e l’ebraica.

Il nostro storico settecentesco Giuseppe Tiraboschi scrive nel Libro d’Oro che Nicola, “trasferitosi a Roma e fatti ben conoscere i suoi rari talenti in quella Corte, fu impiegato in diverse cariche onorevoli, ch’esercitò con somma lode; per la qual cosa venne eletto Cameriere Segreto della Santa Memoria di Clemente XII, che lo guardava con occhio di special benevolenza per l’egregie sue stimatissime doti”.

Mentre la figura del prelato emergeva nei palazzi apostolici, la facoltosa famiglia dei conti Antonelli realizzava l’assetto pressoché attuale della monumentale villa al Brugnetto (“le cento finestre”) , testimonianza del livello di prestigio sociale ed economico raggiunto dal casato.

Continua il Tiraboschi:  “Non solo fu raffermato nel posto dal regnante Sommo Pontefice Benedetto XIV, ma fu altresì meritevolmente insignito del carattere di Secretario del Concistoro e del Conclave, che sostiene con molta reputazione ed onore è […]. Ben meritò per la sua eloquenza l’essere promosso a diverse cariche prelatizie e particolarmente dalla Santa Memoria di Benedetto XIV: lo proclamò Segretario di Propaganda Fide, oltre altre cariche anche che aveva”.

Sempre nel Libro d’oro si legge: “Li 24 settembre 1759 […] da Nostro Signor Clemente XIII felicemente regnante venne fatta promozione cardinalizia di scielti suggetti in numero di 22: e tra questi vi fu eletto detto Monsignor Nicola Antonelli Cardinale”.

Egli, nel Dizionario degli Italiani Illustri edito a Venezia nel 1834, viene definito quale “ornamento principalissimo del Vaticano”, dotato com’era di vasta cultura e brillante attività intellettuale, che facevano di lui al contempo un fine politico e un profondo erudito. Continua il Dizionario: “Benedetto quattordicesimo il volle segretario dell’accademia de’ Concilii da lui istituita, e quindi segretario del Concilio e del Conclave e finalmente assessore del santo Uffizio; ma fu Clemente XIII che l’ornava della porpora Romana il dì 24 settembre 1759. Questo prelato illustre, che fu gran parte della gloria del Sacro Collegio di allora, cessò di vivere in Roma, pianto e desiderato da ogni maniera di persona per la sua vasta dottrina ed insigne pietà, nel 1767 a 25 settembre”.

Del vasto sapere del Cardinale Nicola sono testimonianza i molti suoi scritti latini di carattere religioso; pregevoli anche sue rime in volgare, che figurano nelle raccolte degli Arcadi pubblicate a Roma nel 1747. Di lui comunemente a Senigallia si citano la fondamentale assistenza per ottenere dal Papa l’approvazione per l’ampliazione settecentesca della città e il lascito della sua ricca raccolta di testi, che costituisce il nucleo della Biblioteca Antonelliana.
Quest’ultimo è esplicitato dal ritratto del Cardinale Nicola eseguito da Domenico Corvi e presente in tale biblioteca. Al disopra di un verso oraziano che significa “questo è tutto un tuo dono” si staglia la figura del cardinale alle cui spalle quasi elementi tipizzanti figurano, oltre al cappello da Cardinale, uno stemma di famiglia con il caratteristico tritone ed una libreria in cui sono raccolte le opere scritte dal porporato.

È a Roma in San Giovanni in Laterano il suo sepolcro, opera dello scultore Gaspare Sibilla, così  descritto nel Diario del Chracas del 1777: “la Statua colossale del Tempo, che scopre le gesta del defonto Porporato, in atto di appoggiarsi all’Urna, alzando la Coltre funebre colla sinistra, ed accennando colla destra i libri simboleggianti le Opere da lui stampate, lo Stemma, ed il cappello Cardinalizio”. Sulla lapide tra  l’altro si legge: “Ad esempio delle sue virtù lasciò la sua eredità alle case per orfani e agli ospedali, che in vita aveva dotato di risorse o fondato”.

Analogo elogio era scolpito sul vecchio Ospedale di Senigallia e uno scritto conservato presso l’Archivio Capitolare ricorda: “[…] fu messa una pietra dallo scarpellino […] sopra la porta del Spedale in lode ed in onore del fu Eminentissimo Nicola Antonelli per esser stato ben ascritto a detto ospedale uno lascito di scudi 2900 […]. A cura dei nobili Giuseppe Pilotti, Antenore Cavalli, Agostino Galavotti, Pietro Pesaresi e dei conti Alessandro Augusti e Paolo Beliardi, prefetti del medesimo Pio Istituto”.

Non possiamo non ricordare infine il legame secolare che, grazie a Nicola Antonelli, lega Senigallia a quella che per tutta la vita fu considerata un vero prodigio intellettuale, la regina Cristina di Svezia. Avendo ella abdicato al trono per farsi cattolica, Cristina nel 1655 si trasferì a Roma, di cui divenne l’imperatrice incontrastata del mondo culturale e mondano: frequentarono i suoi salotti ben 22 Cardinali, di cui 4 divennero papi. Uno di essi, Alessandro VIII Ottoboni, alla morte della regina volle acquistarne globalmente la prestigiosa biblioteca; quando i suoi eredi vendettero parte della biblioteca originaria, il Cardinale Nicola, come scrisse il Cancellieri nel 1825,  acquisì “molti Libri della Regina Cristina, come ne faceano fede i Tasselli in cui si leggeva ad usum Reginae. Fra questi vi erano varii libri del Vossio e di altri Letterati, che erano stati raccolti dal genio sublime di quella gran protettrice delle scienze e delle arti”.

Auspichiamo che l’attenzione delle Autorità cittadine preposte e i pubblici finanziamenti consentano di conservare adeguatamente questo straordinario lascito antonelliano.

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