Prefazione de La congiura Fornaciari (capitolo 5, segue dal capitolo 4)
Gli Antonelli, avete detto. Il cardinale Niccolò era stato il personaggio più importante di questa città per un buon numero di anni. Con una supplica ben fatta al pontefice di allora, Benedetto XIV Lambertini, – sì, certo, quello di porta Lambertina – aveva dato un apporto decisivo all’avvio dell’ampliazione; ed era anche riuscito a mantenere quei lavori sotto il suo controllo, ottenendo per Giuseppe Ercolani (anche lui come loro trapiantato dalla Pergola) la progettazione, e per l’abate Angelo suo nipote la deputazione alla vendita dei lotti edificabili. Non c’è male. Ma poi, una decina d’anni dopo, il deputato s’era messo in urto con il nuovo cardinale legato Colonna Branciforti che voleva regalare la terra al conte Arsilli nonostante non fosse un forestiero. “Non è giustoâ€, aveva urlato l’abate per iscritto, “e se Vostra Eminenza persiste in questo inaccettabile favoritismo mi vedrò costretto a rassegnare le mie dimissioniâ€.
“Ah sì?†deve avere pensato Colonna Branciforti che non vedeva l’ora di buttarlo fuori: “Signor ve ne ringrazioâ€, perché subito accetta le dimissioni e nomina al suo posto il conte Alessandro Augusti, che è un parente stretto del beneficiato. In questo modo il controllo dell’ampliazione sfugge di mano agli Antonelli e entra in quelle di un’altra cordata di potenti.
Voglio dire con questo: sarà stato Nicola Antonelli un gran cardinalone, e suo nipote Leonardo un cardinale ancora più importante nello Stato della Chiesa, ma nella sua città non è mancato mai chi gli tenesse testa. Mantengono anche adesso un posto di rilievo ma, stitici come sono nel far figli e ormai tutti anzianotti, la loro presenza si è ristretta e l’influenza è la stessa di un tuono che brontola di là dai monti. Ne è la prova che proprio quest’anno, mentre il vescovo Honorati è tutto preso dai lavori per la cattedrale e l’episcopio nuovi, il conte Angelo inaugura la chiesa del Brugnetto, una robetta minore a pochi passi dalla loro residenza di campagna. L’altro fratello Bernardino è Capitano dell’Armi e Castellano, che niente non è; ma ha 73 anni nemmeno ben portati e senza offesa mi pare rimbambito per la parte sua. E pensare che in gioventù era stato un uomo raffinato, che studiava a Roma e frequentava l’accademia del pittore Domenico Corvi.
Lo stesso cardinale Leonardo ormai si fa vedere poco: tutto preso com’è dalle sue cariche, risiede stabilmente a Roma. Il papa che c’è adesso, papa Braschi, alla prima infornata l’ha fatto cardinale, ma dev’essere che ha pagato un debito contratto con un avversario in cambio del voto per la sua elezione. Poi, quasi per controllarlo, gli ha piazzato a Sinigaglia questo cardinale vescovo iesino, uno del partito suo e amicone della sua famiglia: Bernardino Honorati. Gli Antonelli risiedono di preferenza alla villa delle Cento Finestre e lui ha comprato un po’ più su, al Porcozzone. E’ stato lui il vero mattatore della seconda ampliazione. A questo punto la Piazza del Duomo, ormai quasi completata, si potrebbe anche chiamare Piazza Honorati dal momento che quella famiglia ne occupa i tre quarti, tra edifici curiali e di famiglia; e gli Antonelli, a quanto pare, non hanno una gran voglia di fargli da paggetti fabbricando a loro volta nella parte scoperta verso il fiume, che è di loro proprietà . Non hanno discendenti e pertanto non ci hanno interesse.
Mantengono, questo sì, una cappella nella chiesa cattedrale, e non è neanche un anno che ci hanno collocato due dipinti del loro caro Corvi, pagati tra l’altro molto bene: un Sant’Emidio, perché tenga lontano il terremoto, e una Trinità con Maria Maddalena e San Paolino; ma anche qui l’hanno dovuta sudare, perché sempre il Legato – intendo l’ultimo che è venuto, Giuseppe Doria Pamphili – voleva assegnare quel lavoro a un pittore di Pesaro protetto suo.
Vi ho detto tutto questo perché non vi venisse in mente che essere nobili basti di per sé per andare d’accordo; se poi fanno lega fingendo di volersi tanto bene, la sostanza non cambia: a malapena si possono vedere. (continua…)
(Prefazione a La congiura Fornaciari, capitolo 5, segue dal capitolo 4, continua nel capitolo 6)
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