Nel guazzabuglio cultural-socio-mondano, caratteristico del periodo estivo come certi tipi di temporale, una notizia ha attirato recentemente l’attenzione della stampa. Il Comune di Riccione ha preso in esame, secondo la richiesta di superfacoltosi clienti arabi, la possibilità di riservare un tratto di spiaggia alle donne musulmane. Queste così potrebbero immergersi al riparo da sguardi maschili e senza l’impaccio delle vesti che tendono a celare e quasi annullare i loro connotati fisici.
Si è riproposto in versione marina il dibattito che abbiamo già vissuto: se si può consentire l’uso del velo prescritto alle donne secondo i costumi musulmani o più genericamente se un mondo progredito come sarebbe quello occidentale può tollerare la diversità ed accettare prove di convivenza civile e religiosa. Un giornalista, peraltro senza punta di ironia, ha titolato il suo pezzo:
“Così l’Occidente si è arreso sul bagnasciugaâ€.
Non intendiamo certo riproporre o affrontare questo dibattito. Abbiamo riportato questa notizia perché, al contrario di quanto siamo soliti a fare, questa volta partiamo dall’attualità per arrivare alle notizie di archivio.
I bagni di mare sono una pratica abbastanza recente e sorprendentemente non originaria dei paesi mediterranei, quale l’Italia, con le loro acque relativamente calde e le spiagge assolate. Sembra che tra i primi a tuffarsi per diletto e ripetutamente nei flutti marini sia stato un re, Giorgio III di Inghilterra. Egli nelle acque di Brighton fu l’inconsapevole iniziatore di una moda che cominciò ad attecchire tra gli stravaganti ricchi europei e che nel volgere tra il settecento e l’ottocento venne identificata come “ bagnature all’ingleseâ€.
Dalle cronache manoscritte sette-ottocentesche del riminese Nicola Giangi risulta che a Rimini spetterebbe il primato di avere ospitato la prima straniera venuta ad “ attuffarsi†nell’Adriatico. L’irlandese Elisabeth Kenny, che sei anni prima aveva sposato l’ultimo marchese dei Rondanini di Roma (allora proprietari anche della Pietà di Michelangelo ora conservata al Castello Sforzesco di Milano) nel 1790 è registrata per diversi giorni a Rimini, dove soggiornò per i bagni.
Il soggiorno al mare diffuso nel bel mondo, quello più all’avanguardia e un po’ anche osé: lo scopo era quello di nuotare e comunque trastullarsi tra le onde, non certo per abbronzarsi, essendo la pelle di magnolia un imperativo categorico di casta per le donne di rango. A questi salutisti progressisti appartennero anche alcuni dei Bonaparte.
Luciano Bonaparte (fratello amato e odiato del grande Napoleone) era stato creato da Pio VII principe di Canino e Musignano, località del viterbese, ed era assai interessato a quella parte dello Stato Pontificio situata tra Romagna e Marca Anconetana, probabilmente in funzione di progetti politici. Anche egli per i bagni scelse l’Adriatico, come aveva già fatto suo fratello Luigi ex-re di Olanda e padre del futuro Napoleone III, e nell’agosto 1823 portò la sua numerosa famiglia a Rimini. Come annota nella sua cronaca sempre il Giangi, il soggiorno fu brevissimo e venne interrotto per un disdicevole episodio di privacy violata. Le donne Bonaparte, come d’altronde si usava, erano solite bagnarsi, avviluppate nei loro castigatissimi costumi e cuffie da bagno, al riparo dagli sguardi di estranei alla famiglia grazie alla presenza di ripari costituiti da casotti di legno. Secondo il cronachista riminese “ tre giovanetti di poca età , due nobili ed un cittadino,… indecentemente si avvicinarono al casotto per osservare dalle larghe fenditure delle tavole chi vi era dentro a bagnarsi.†Dopo cena un servitore riferì il fatto al principe di Canino:
questi diede ordine di preparare immediatamente cavalli e approntare i bagagli per partire il mattino. Rimini fu abbandonata per Cattolica. Luciano e soprattutto sua moglie Alexandrine avranno poi modo di rimirarsi l’Adriatico da Senigallia, dalla loro residenza allora con vista sul mare e chiamata “la Luciana†( la futura Villa Torlonia).
L’episodio dei giovani guardoni sarà stato certamente argomento di conversazione in tutti i salotti dell’Adriatico.
Ognuno però aveva da pensare ai fatti della propria città . Vanto di Senigallia e di grande rinomanza, dopo l’inaugurazione del 9 luglio 1853, era la “piattaformaâ€, una struttura in legno pertinente al “Nuovo Stabilimento di Bagni Marittimiâ€, costruito per iniziativa di un gruppo di azionisti tra cui figura anche Alexandrine Bleschamp, vedova di Luciano Bonaparte e ormai residente a Senigallia. Le azioni in mano alla principessa erano quattro secondo l’inventario redatto alla sua morte, nel quale si precisa che esse erano “ di difficile realizzoâ€. Nell’ “Elenco degli azionisti delli Stabilimenti Balneari di Senigallia che non hanno ceduto le loro azioni al Municipio in conformità all’atto dell’Adunanza generale dei Azionisti in data 24 maggio 1873†le quattro azioni ( peraltro intestate al più facile nominativo di LucianoBonaparte) risultano non essere state convertite.
La struttura dello Stabilimento, su palafitte, si inoltrava sul mare ed alla sua estremità erano dei casotti o camerini, opportunamente divisi, come cita un comunicato dei direttori: da un lato quelli degli uomini e dall’altro quelli delle donne. Ogni camerino aveva prospiciente e isolato il ritaglio di mare nel quale immergersi. Da ogni camerino, in tutta riservatezza assicurata anche da tendaggi, si scendeva direttamente in acqua, ovviamente nello specchio di mare assegnato al proprio sesso.
Per “quella parte che concerne il buon ordine e la pubblica decenza†del “grandioso e magnifico stabilimento dei Bagni Mariniâ€, vengono emanate dalla Curia precise esortazioni e disposizioni, ripetute per vari anni.
Anche qui a Senigallia non mancarono i guardoni. In archivio risulta quella che sembra essere la minuta di una lettera scritta da un legale per intentare un’azione contro dei giovani impudenti che, girando al largo, avevano nuotato fino a raggiungere e quindi violare le acque destinate alle donne.
Una reprimenda fu anche emanata nei confronti di ufficiali austriaci (di stanza nella nostra città quando i territori pontifici furono restituiti alla Chiesa), che avevano violato la riservatezza dei bagni femminili scrutandoli a distanza con il cannocchiale.
Noto un errore d’informazione storica sull’articolo “Moralisti e guardoni” di Flavio e Gabriela Solazzi – 2006.
Riferiscono, erroneamente, che Luciano Bonaparte, scandalizzato dai 3 guardoni del casotto dove si bagnavano le sue donne nell’agosto del 1823 sulla spiaggia di Rimini, partisse all’indomani per continuare la vacanza a Riccione! Non è vero. Come riferisce anche N. Giangi, il principe si trasferì a Cattolica, ospite dei conti Bascarini. Lo stesso palazzo, negli anni successivi fu affittato dai Bonaparte nelle vacanze estive, prima di scegliere Senigallia. Sul libro “Al mare!” di M. Lucia De Nicolò è pubblicata anche la copia del contratto di locazione fra il Bonaparte e il cav. Domenico Mazza, vedovo della contessa Angela Bascarini (pag. 83).
Questa prima presenza blasonata a Cattolica creò un notevole input al turismo balneare della città .
Credo sia vostro dovere rettificare.
Gentile Signora Wilma, grazie per il suo commento!
Lo girerò agli autori dell’articolo.
Un cordiale saluto.
Scusami Valeria,
l’intrusione chè non è contemporaneo il fatto che mi accingo a dirti con quanto descritto sopra.
Desidero solo riferirti che sciolte sparpagliate un poco qui ed un poco là ho ritrovato foto delle zie di mia moglie Olga,è una Benedetti Forastieri, nipote di quelle signorine che sempre dettero la loro disponibilità in ogni campo.
Dalle guerre in Africa a quella di Russia.
Si fecero onore sui campi e tra i feriti ma prima e negli intervalli di loro gioventù vissuta assai vissero,facendo testo,sempre a Senigallia ,indossando d’estate ora buffi costumi e praticando bagni in cabine fatte con tavole in legno a cui si accedeva percorrendo passerelle sospese dalle parti del Grande Hotel Bagni(la rotonda a mare non c’era ancora).
Era considerato quel tratto di spiaggia,anche se non scritto con cartelli di sorta,riservato a “gente per bene”
aristoscratici e benedetti dal fato.
Fu quella una epoca da noi dimenticata, non saputa,quando come a me capita di vedere immagini della vita del secolo scorso pare di scorgere quasi filmati dei Lumiere non sembra proprio la “marina”
attuale spiaggia chè nulla è rimasto se non foto giallastre con signorina tutte fasciate coperte timorate.
Eppure nei loro cuori battevano emozioni che magari capita di leggere a chi ha pazienza e fortuna ed anche rispetto in appunti segreti diari scritti a mano con matite o penne intinte nei calamai che ora non esistono più.
Mi sentivo in dovere dirti quanto sopra,Valeria,chè le scoperte mie mi piace dividerle con chi desidera anche sapere.
“cose”
dario.
Grazie Dario.