Milk and honey to Santiago
di Sara Moneta Caglio
XXI.
Verso Gonzar, dove tutto cambia
Non ricordo la strada, forse perché l’avevo percorsa al buio, anche quando era uscita la luce. Al buio, perché volevo proteggerla tra i sogni delle notti che da trenta giorni non dormivo più. Le notti che sono sicuramente state le più importanti della mia vita.
Sapevo che c’era Samuel accanto a me.
Stavamo attraversando una campagna che sembrava inglese, comparsa improvvisamente per non fargli sentire la nostalgia della sua terra, vicino alla Scozia, con i suoi cottage, il silenzio, la pace. Lui che viveva proteggendo i suoi libri, il suo reale incanto, lui che aveva i miei stessi occhi, gli occhi di quell’anima a cui aveva insegnato a vedere, a cui aveva parlato a lungo per svegliarla.
Desideravo un paese come Gonzar, appoggiato su una strada di passaggio, ma stabile nella sua storia. Desideravo quel cielo basso, quelle nuvole, quel sole che ancora scalda, dopo una pioggia battente che per ore mi aveva incollato tra le sue braccia addormentate.
Era tutto scritto.
Era tutto desiderato e voluto nei piani di qualcuno che questo cammino l’aveva permesso, questo cammino dove nulla era un caso, ma ogni evento un segno da afferrare, da non trascurare.
Come quella passeggiata, senza rumore, tra il cielo arrossato della sera. Quella passeggiata senza pretese, senza attese, nella timidezza di una mano tenuta stretta da un’altra mano, i nostri sguardi che si baciano e si fondono in un cielo blu profondo.
L’amore era l’unico sentimento che conoscevamo in quel cammino verso Santiago, in quel cammino che era speranza, in quel cammino che in cambio ti chiedeva solo di essere felice.
Ricordo la benedizione del primo giorno… Avevamo una protezione e nessuno poteva essere capace di dividerci.
Dopo quel bacio gentile, impercettibile, quasi invisibile, ci addormentammo in un mondo nuovo da scoprire, da costruire insieme.
(Milk and honey to Santiago, capitolo XXI, continua nel capitolo XXII)
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