questo mese vi riunirà per sempre nella mia memoria.
Il 18 agosto 2009 si è portato via una grande scrittrice: una mente lucidissima, una volontà di diamante, una generosità incommensurabile, un cuore sconfinato. Quel giorno non avevo parole, scrissi. E mi dissi: strano non avere parole per lei che ne ha avute tante, tantissime per i tanti scrittori, poeti e cantautori che ha conosciuto e amato e che anche grazie a lei ho imparato a conoscere ed amare. Seguirono poi per me giorni indicibili, pieni di gioia e di dolore. Una notte sobbalzai dal letto e mi trovai fra le mani quel moderno zibaldone, bello e terribile, che è il “Mestiere di vivere”. Lo lessi avidamente, dalla prima all’ultima pagina, l’ultima davvero, che è già presagio del voluto termine di una vita. “La cosa più segretamente temuta accade sempre. Scrivo: o Tu, abbi pietà . E poi? Basta un po’ di coraggio. Più il dolore è determinato e preciso, più l’istinto della vita si dibatte, e cade l’idea del suicidio. Sembrava facile, a pensarci. Eppure donnette l’hanno fatto. Ci vuole umiltà , non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più” 18 agosto 1950. Solo una dolorosa coincidenza, mi dissi. Il mattino seguente diedi un’occhiata alla “Stampa”: 27 agosto 2009. La notte che avevo vegliato sul suo diario era l’anniversario della notte dell’agonia, quella nella quale Cesare Pavese si era disteso su un letto d’albergo tappandosi la bocca con sedici bustine di sonnifero. Per non svegliarsi più. Era il 27 agosto 1950. Sul tavolino accanto al letto era una copia dei “Dialoghi con Leucò” recante sulla prima pagina la frase “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”, riecheggiante un passo dell’ultima lettera del poeta russo Vladimir Majakovskij. Ma il poeta Pavese non c’era già più: testimoni ne sono le poesie trovate nei cassetti dello scrittoio della camera in cui fu trovato morto, fra cui “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, dedicate all’attrice Constance Dowling e datate marzo-aprile 1950, che sono il vero epicedio della sua vita. Furono molti a piangere la sua morte: fra gli altri l’ “allegro” Italo Calvino, l’amico scrittore Davide Lajolo, il critico e poeta Carlo Muscetta. E fra le donne amate? Nulla forse Costance Dowling, poco la pasionaria Tina Pizzardo, molto certo la scrittrice Bianca Garufi. Proprio su quella copia dei “Dialoghi con Leucò” era una dedica del novembre 1947 a Bianca, ma è il frontespizio di un altro libro, “Feria d’agosto”, a dirci a chi ancora Cesare Pavese spezzò il cuore quella notte fra il 26 e il 27 agosto 1950. Era Fernanda Pivano. Il 26 luglio 1940, dieci anni e un mese prima del suo suicidio, Cesare Pavese le aveva chiesto per la prima volta di sposarlo. La giovane ventitreenne aveva rifiutato, ma non gli aveva negato l’amicizia. Anche per lei Cesare aveva scritto delle poesie. “Mattino”, “Estate”, “Notturno”: versi bellissimi, Fernanda, che saranno per sempre tuoi.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi
Di certo anche tu, Fernanda, in questo caldo agosto, ti sei ricordata di Cesare. Ti perdoniamo tutti, Cesare. Anche Fernanda ti aveva perdonato.
Buon giorno e grazie Maddamma
Il bel commovente quadro che hai tratteggiato i nomi le circostanze mi hanno riportato ai miei begli anni sognatori colmi com’ora di tanti ideali e “cose”
Grazie per la lieve piuma che hai osato nel ricordare come foss’ieri il colmo del dolore per la perdita e la dignità che Cesare sempre ci insegnò
E quei nomi tutti
Italo bellissimo sempre
Gli occhi di Constance
La fresca giovinezza dell’alunna Fernanda
e non per ultima la postuma Bianca Garufi
Righe confessioni intime sigillate dalla terribile
Commentare il tuo sentire elegante-commosso mi fa provare -rinnovare la irrimediabile perdita nel silenzioso dopo guerra cui sarebbe sciocco e pretenzioso aggiungere parole anche inutili.
Grazie Maddamma
perdonami la confidenza.
Con stima pure,
dario.
Prego Dario,
e grazie della stima. Chiamami pure Antonio…
Complimenti Antonio.
Davvero una toccante testimonianza…
Sarà per caso o per fortuna-
In questi giorni i ragazzi del Maldura fanno quasi la fila per chiedere a prestito i libri di Pavese che noi teniamo nella nostra biblioteca-
Dalla Casa in Collina a Dialoghi con Leucò-Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi-ogni possibile libro di Pavese pare abbia preso la corsa verso un conoscere per sapere e confrontare gli scritti dei nostri intellettuali che credettero in un futuro diverso e moralmente sopportato da una libertà di pensiero sempre sognata in contrasto all’allora insopportabile regime.
Sono fatti piccoli e grandi coincidenze che recano gioia anche a chi crede nella cultura che sempre vince.
Ho creduto opportuno tenervi informati.
cordialità .
dario.
Che cosa così tanto colpisce, di questo tuo articolo, Antonio? L’incrocio tra evento personale e storia.
E’ veramente prezioso farne motivo di pratica e di testimonianza. Tutto prende rilievo, una trama si srotola sotto gli occhi di chi legge, e la partecipazione intensa di chi scrive del suo leggere alimenta una uguale intensità in chi ti ascolta.
Ecco cosa accade ed appare: la lettura diventa ascolto, interrogazione, ed anche stupore per ciò che muove nell’attivarsi di una speciale attenzione alla realtà , alla presenza.
Sia l’incontro che la testimonianza, sia la condivisione che la differenza, sia la comunione che l’irriducibile alterità , tutto diventa vivo ed interamente contemporaneo.
Molto spesso i destini sono ridotti alla fatalità .
Anche sicuramente, ma non solo questo è il reale della vita. E’ piuttosto la lettura, come la vita, un cammino di identità .
Leggere non è senza conseguenze, a meno di non assumere la misura più consumistica e di superficie di un gesto e di un’azione comunque intenzionale.
Leggere è una “esperienza”.
Il tuo “vegliare” su una storia “altra”, che ha nutrito anche la tua come pure quella di tanti altri ed altre, è la chiave che apre all’azione, o meglio all’interazione con un testo e che ne produce la sua più elevata significazione.
E’ questo insieme che trasforma, a mio avviso, le coincidenze in una piena contemporaneità . Spesso accade che coincidenze come quelle da te raccontate passino inosservate, ed in ogni caso è un pò come perdere il filo, appunto, di una storia. Ed anche, come tu testimoni, il filo di un amore.
Mi chiedo cosa sarebbe la realtà come esito di una lettura capace dell’universale.
Grazie Antonio, con affetto.
Matilde
Grazie a te per il commento, Matilde. Ricambio di cuore il tuo affetto.
Credevo di essere sola a notare le “coincidenze”, a riprendere in mano i vecchi libri di Pavese, di Lajolo, di Fernanda Pivano, a rileggere lettere e diario emozionandomi come la prima volta. Mi sono ritrovata, alle cinque del
mattino con le lacrime agli occhi, pensando di essere sola
e di essere anche una sciocca sentimentale. Evidentemente
mi sbagliavo. Sonia
Grazie Sonia, per la toccante testimonianza…
…Caro Antonio,amo molto Pavese e mi sono commosso…ricordi!,quando passeggiando, parlammo di Vladmir e di Cesare…del non fare pettegolezzi …la morte non li vuole…so prattutto se te la dai…e poi le sue telefonate prima di suicidarsi…anche a Fernanda…e la risposta cattiva della ragazza della sala gai…Lui scrive:”bisogna fermare una donna e parlarle e deciderla a vivere insieme,altrimenti uno parla da solo”…sai,Antonio!…l’ho semmpre considerato il Poeta piu’ solo della mia vita…e’ stato cosi’ anche all’albergo Italia… grazie!..davvero grazie…giuseppe