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Una truffa chiamata stage

“Demolire l’edificio marcio degli stage”, questo il titolo di un articolo pubblicato la settimana scorsa da un noto quotidiano.
Di chi stiamo parlando? Di Liberazione? Del Manifesto? Del Pais? Del Guardian? Di Libération?
Niente di tutto questo, a parlare è nientemeno che il più importante quotidiano economico britannico, “Sua Maestà” il Financial Times. L’articolo (Tear down this rotten edifice of internships), che porta la firma del vicedirettore Michael Skapinker, è stato citato qualche giorno fa dall’attenta Eleonora Voltolina, autrice del sito “La Repubblica degli Stagisti”, che da qualche anno a questa parte si batte per la tutela ed il riconoscimento di questa vituperata classe di lavoratori (a tutti gli effetti), di fatto abbandonata dalle istituzioni italiane.

Nel suo incisivo articolo, Skapinker denuncia come alcune aziende in Gran Bretagna (secondo una pratica che invece è abitudine nella stragrande maggioranza delle aziende italiane) usino gli stagisti come dipendenti a basso o nullo costo, invece di formarli e prepararli adeguatamente per la qualifica professionale per la quale stanno seguendo lo stage.

Questo uso perverso e distorto dello stage è stato indotto principalmente dalla crisi economica, scrive infatti Skapinker: «Ci sono stagisti che lavorano. Questo accade perché alcune compagnie, che hanno avuto tagli di personale, li usano come rimpiazzo».
Ad essere maggiormente colpiti sono i giovani che vogliono lavorare nell’avvocatura, nei media o in pubblicità e «che pensano di non avere chance di entrare da qualche parte senza un paio di lavori non pagati alle spalle». La speranza è che i lavori non pagati si trasformino in “lavori veri”, nel frattempo questi giovani vengono sostenuti economicamente dalle loro famiglie che di fatto si trovano a finanziare le imprese che hanno concesso “la grazia” dello stage gratuito ai loro figli.

E le famiglie che non possono permettersi di sostenere economicamente un figlio che lavora gratis?
Secondo questo sistema, che si arrangino pure! Non vorranno mica pretendere che loro figlio venga pagato per lavorare…!

Scrive il vicedirettore del Financial Times: «Se le aziende intendono utilizzare lo stage in maniera seria devono pagare i loro stagisti» e se non ci riescono, per colpa della crisi, «che lascino gli stage a quelle che sono disposte a prendersi questo impegno».

Dopotutto queste sono le regole del mercato e della concorrenza: se un’azienda non è capace di stare sul mercato senza far lavorare gratis i propri dipendenti, forse è meglio che chiuda bottega.

La denuncia del Financial Times: «Le aziende smettano di prendere stagisti per coprire i loro buchi di organico, e comincino a pagarli» (l’articolo tratto da “La Repubblica degli Stagisti”, di Eleonora Voltolina)

2 Risposte a “Una truffa chiamata stage”


  1. 1 Valeria Bellagamba Ago 3rd, 2009 at 3:15 pm

    Ovviamente i quotidiani italiani si sono ben guardati dal riportare questa notizia….

    Dopotutto mica si trattava di raccontare cosa avesse mangiato Barack Obama per colazione…!

    Le vicende matrimoniali di Carlo&Camilla invece non vanno più di moda…

  2. 2 DARIO PETROLATI Ago 4th, 2009 at 7:38 am

    Mio Dio,
    noi qui allora dovremmo essere tutti denunciati o almeno indicati a dito:eccolo là–
    il Centro Studi ove io vivo e complice taccio vive di stagisti-ogni età è buona celibi e sposati -ragazze e ragazzi
    Ma quassù tutti lo sanno e fanno a gara per avere il posto imparare-è vero-perfezionarsi è pur vero-però da Trieste a Rovigo-Ferrara compresa Padova è tutta una fila e servono raccomandazioni.
    Vero è che ogni tanto escono pubblicazioni coi nomi sulle copertine degli stagisti-non ci sono orari qualche pizzetta e amici più di prima-
    Se non ci fossero loro a lavorare addio finanziamenti anche se miseri
    Però anni fa quando mi accorsi che anche il sabato e la domenica tutto era volontariato con punteggi-pseudo pagelle-mi accorsi anche che i baroni di facoltà sanno e si servono di questo andazzo-
    Lavoro nero-passione per avere domani un posto garantito-
    Tutto mi suona sgradevole
    e la prostituzione mentale mi irrita tanto tantissimo-
    Se provo ad obiettare o far domande allora anche a me qualche cancello si chiude.
    La precedenza purtroppo va sempre alle belle ragazze che sono tante ed anche disponibili-
    I baroni sbavano gli angoli di vetuste aule ove le chiavi non vanno più di moda –
    Grazie Valeria per la segnalazione anche se mi dispiace avere le prove di quello che supponevo fosse solo una mia malignità–
    Lenin diceva : che fare?
    dario.

    p.s.
    mi procurerò quel numero del Financial per vedere sino a che punto siamo orribili.
    dario.

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