«Getta loro Nietzsche in faccia e bastonali. Falli a pezzi.»
Si tratta di un’affermazione forte, quasi un’ordine più che un invito, eppure abbastanza trasparente nell’identificare la linea di pensiero su cui si muoveva il destinatario del messaggio. Eppure esso è storicamente passato inosservato, per lasciare spazio alla solita oziosa e semplicistica identificazione (ormai dovremmo averlo capito da un pezzo…) tra un autore e il protagonista del suo romanzo. Stiamo parlando di Martin Eden e di Jack London, ai quali (sì, a entrambi) finalmente restituisce spessore umano e intellettuale l’edizione curata da Davide Sapienza con cui la collana degli Oscar Mondadori ha voluto festeggiare i cento anni dalla prima pubblicazione dell’opera. L’edizione è preziosa per più motivi e specialmente perché non esisteva prima, neanche negli Stati Uniti, una edizione annotata di Martin Eden.
L’errore di prospettiva della cui perpetuazione si diceva, d’altronde, era presente fin nelle prime e più eclatanti reazioni alla lettura del romanzo, tanto che Jack London stesso si sente in dovere di scrivere al giornale californiano “San Francisco Bulletin†il 17 gennaio 1910 per rispondere alla predica in cui un prete reazionario lo identifica nel suo personaggio e nello spettro del Socialismo. Possiamo finalmente leggere in questa lettera, inedita prima d’ora in Italia (altro motivo di originalità dell’edizione da poco in libreria), che l’autore ha voluto delineare «il ritratto di un individualista dapprima per indole, e solo in seguito intellettuale», anzi, ancor più recisamente, che «Martin Eden era un vero individualista estremo, di tipo nietzschiano.»
Come è ovvio, autore e personaggio non coincidono, ma come è altrettanto ovvio il personaggio dice molto della vicenda interiore del suo autore. I parallelismi con alcune vicende della biografia dell’autore risultano evidenti, così come il fatto che in London convivessero l’individualismo della cultura del nuovo mondo, rafforzato dalla lotta con la natura di cui serbava il vivace ricordo rielaborato nei suoi romanzi più famosi, e la fiducia nella concretezza del solidarismo socialista.
Infatti l’invito rivolto dall’amico a Martin è quello di scontrarsi e incontrarsi con i socialisti, con l’augurio di esserne conquistato. Diventato scrittore di successo e guadagnato un discreto gruzzolo, ciò che invece prova Martin su di sé è la delusione per la mediocrità di quel mondo intellettuale e della borghesia del capitale, ma anche e con almeno pari profondità per il comportamento della donna di cui si era innamorato. «Queste erano le cose per cui, secondo lui, nella vita vale la pena di battersi. E quando queste cose lo deludono, essendo un individualista coerente totalmente avulso dai bisogni collettivi del mondo circostante, non gli resta nulla per cui combattere e vivere. E così muore.» Quell’augurio, quindi, è ben lontano dal giungere ad effetto: l’incontro col socialismo è solo superficiale e di scarsa influenza per Martin.
Leggiamo le decisive parole di Jack London in proposito: «Martin Eden fallisce e muore non perché non ha fede in Dio, ma perché non ha fede nell’uomo. Non è andato oltre se stesso, il resto dell’umanità per lui non conta.»
Un’edizione necessaria, quindi, dotata per la prima volta di un ricco apparato critico con le approfondite annotazioni del curatore e della traduttrice (Cecilia Scerbanenco) e più che benvenuta per rivedere i diffusi stereotipi su Jack London autore per l’infanzia o brutta copia di Melville e Kipling. Il lavoro è stato condotto con la passione di cui ci aveva già raccontato Davide Sapienza ed è il punto di arrivo di un lungo e intenso percorso che lo ha portato a visitare la fattoria dei London in California, a tenere in mano i manoscritti originali, a dialogare con i discendenti dell’autore, a confrontarsi con i più importanti studiosi americani di colui che ha scritto La strada cinquant’anni esatti prima di Jack Kerouac.
Disponibile da fine maggio in tutte le librerie, sta raccogliendo recensioni lusinghiere come quella di Goffredo Fofi apparsa sabato 27 giugno sul quotidiano Avvenire, a cui abbiamo rubato il titolo e che riportiamo di seguito.
Torna finalmente in libreria in un’ottima edizione degli Oscar Mondadori il Martin Eden di Jack LonÂdon, a cent’anni dalla prima pubblicazione. Lo ha curato, con qualcosa di più che un’ottima competenza da americanista, uno scrittore e viaggiatore delle ultime geÂnerazioni, Davide Sapienza, e i lettori probabilmente non gli mancheranno neanche stavolta, al contrario. Perché London è tornato a essere attuale, tremendamente attuaÂle, e la storia del rozzo marinaio Martin Eden che, affasciÂnato dalla cultura e dalÂla borghesia, diventa scrittore di successo e verifica allo stesso temÂpo e sulla propria pelle sia l’ipocrisia che la borghesia nasconde sia la durezza dei meccaniÂsmi editoriali e mediatiÂci è ancora una storia eÂsemplare, che in modi diversi ma secondo meccanismi che sono assai simili e sono forse sempre gli stessi, contiÂnua a ripetersi. La corsa al successo di tanti gioÂvani scrittori, l’uso che questa società propone del loro lavoro e il loro rapidissimo invecchiaÂmento sul mercato soÂno, per esempio, storia di tutti i giorni. SopravÂvivono i più abili e i più aggressivi, così come London teorizzava saÂpendo bene di cosa parlava, sulla base dell’esperienza diretta della lotta per la sopravÂvivenza e per l’affermaÂzione.
La legge della giungla, la legge del più forte contiÂnua a essere alla base della ‘struggle for life’, le cui ‘legÂgi’ il marinaio affascinato dalla scrittura scopre e studia nell’opera del positivista Spencer. Non esiste il caso, tutto è legge, è la legge della natura e delle sue mutazioni. E tutto è collegato a tutto, l’atomo alle stelle. Martin Eden è accolto in casa di ricchi borghesi colti perÂché ha salvato un giovane dai suoi aggressori, e lì scopre la bellezza, l’ideale, nella sorella del giovane, Ruth, che fiÂnisce per innamorarsi di lui, affascinata dalla sua energia così come Martin è affascinato dalla sua eleganza, delicaÂtezza. Martin vuole elevarsi, essere all’altezza, ma la sua vita resta durissima. È circondato da persone ancora più povere di lui, e per questo partecipa a iniziative e moti d’ispirazione socialista, preoccupando i genitori di Ruth.
Impara a studiare, a scrivere, a soddisfare la sua sete di conoscenza con i libri. Impara a scrivere, e scrive racconÂti, articoli, interventi che gli vengono regolarmente reÂspinti dagli editori. Ruth si stanca di lui. Ed ecco che arriÂva il successo: gli editori lo scoprono, i giornali se lo conÂtendono, Martin diventa uno scrittore famoso, molto ben pagato. Ma tutto questo non gli basta, si sente diviso dai suoi, e accettato dagli altri, i borghesi per motivi non noÂbili, che gli sono odiosi, anche quelli che spingono Ruth a cercarlo di nuovo. Fa un viaggio per mare, si uccide.
La storia di Martin è semplice, chiara, e si è ripetuta altre volte (penso per esempio non tanto a Hemingway quanÂto a quel grande e giovane scrittore svedese che fu Stig Dagerman, edito in Italia da Iperborea). È la scoperta delÂle leggi di una società che dà spazio al più forte e permetÂte ascese mirabolanti, ma a costo dell’anima, della soliÂdarietà con i simili, del tradimento degli ideali.
La lezione è dura, e tanÂti se ne accorgono quando ormai è troppo tardi, come Jack LonÂdon e il suo alter ego Martin Eden.
Alessandro Zaccuri parÂla spesso di «ritorno dell’Ottocento» e ha raÂgione di farlo. La fine delle utopie e la crisi dello sviluppo hanno fatto tornare l’umanità indietro, alla brutalità di quel secolo ma con l’aggiunta di nuove forÂme del dominio, negli infiniti progressi della tecnologia. Nell’OttoÂcento i Martin Eden speravano che, dando il loro contributo, il monÂdo potesse cambiare, la società divenire più giuÂsta.
Lo chiamassero soÂcialismo, democrazia o sviluppo, il futuro proÂmetteva il riscatto degli oppressi, annunciava «domani che cantano».
Oggi è questo che manca, la speranza. Il futuro è un’incoÂgnita che spaventa, canta stonato, rumoroso e cupo. E dunque può essere ancora più terribile la lezione di MarÂtin Eden e dell’esistenza stessa di London: i pochi che rieÂscono a farcela, a che costo ci riescono? E che cosa ne otÂtengono, se non le solite consolazioni primordiali di solÂdi, fama, potere? Ci sono da qualche parte dei Martin EÂden proletari che lottano per il posto nel mondo, ma nel nostro contesto ci sono anzitutto dei Martin Eden laureaÂti e precari, che hanno di fronte modelli di improvviso trionfo, e se basato su opere oneste o su opere furbe, su opere di qualità o d’imitazione non sembra contare molÂto. Anche i giovani intellettuali non proletari si trovano oggi in una situazione alla Martin Eden, e leggere il capoÂlavoro di London dotrebbe farli pensare.
Jack London
MARTIN EDEN
A cura di D. Sapienza. Trad. di C. Scerbanenco.
Oscar Mondadori. Pagine 450. Euro 9,40.
Martin Eden su IBS.
In rete:
– Martin Eden su Satisfiction
– The World of Jack London (sito su Jack London in inglese)
– The Jack London Collection (informazioni e raccolta degli scritti di London – in inglese)
– Il sito di Davide Sapienza
Credo avere l’opera omnia di Jack London
Adesso in questo momento non posso verificare oggi prima di pranzare m’immergerò dentro il reparto della libreria per controllare
Del London da me letto e assorbito son rimaste tante cose immagini e supposizioni
un mondo fatto di sogni ingiustizie e lotte
non ultimo un film in bianco e nero ove la figura personaggio di Martin Eden scendeva negli abissi ad occhi aperti affogando verticale mentre bolle d’aria coprivano il volto dell’uomo che per sua volontà deluso ormai e forse vinto si dirigeva senza lottare verso la fine-principio della vita
e sempre dietro mi raffiguro il bacio torinese al collo del mulo-asino di Nietzsche che poi verrà trascinato in Ospedale e giudicato folle.
Ricordo il Tallone di ferro e Kerouac col suo itinere perenne le lotte sociali l’abbattimento della maligna borghesia e il nascere di un nuovo socialismo.
Lotte per pari dignità ovunque
In fondo al mare o in un letto contenzioso.
dario-