Basinio di Parma e Francesco Arsilli
Pubblicato su L’Eco di novembre
Quando da qualche parte sentiamo casualmente parlare della nostra città o leggiamo qualcosa su di essa, nel nostro interno avvertiamo un moto del cuore, che si dilata in una gioiosa sensazione se gli apprezzamenti sono positivi. Bastano anche poche parole per compiacerci, come ad esempio quelle di un recente volume di Marco Romano intitolato “La città come opera d’arte”. L’autore cita: “la cinquecentesca Locanda della Posta a Senigallia, la più bella d’Italia“. Automaticamente in noi, un po’ inorgogliti, scatta la rievocazione dei numerosi personaggi che vi trovarono alloggio, da teste blasonate a viveurs come Giacomo Casanova.
L’emozione si combina con l’eccitazione se la voce che parla della nostra terra viene da tempi lontani, suono di parole che furono scritte più di un mezzo millennio fa alla luminosa corte rinascimentale di Rimini, della quale era signore Sigismondo, figlio di Pandolfo Malatesta.
Postumo ed esemplato su altri originali, nella sala della Giunta comunale di Senigallia figura questo ritratto di Sigismondo, che della signoria della città era stato regolarmente investito dal papa Eugenio IV nel 1448.
Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta
(Sala Consiliare, Comune di Senigallia)
Il profilo lineare e volitivo, che si staglia al disotto del casco dei capelli, giustifica il verso con il quale D’Annunzio definisce il giovane, “la procellosa anima imperiale“, un indomito spirito guerriero in grado di addensare tempeste militari su di sé e sugli altri. La scritta apposta sotto il ritratto dice: “Sigismondo Pandolfo Malatesta, figlio di Pandolfo, signore di Senigallia, Fano e Rimini. Ricostruì Senigallia e la cinse di nuove mura nell’anno del Signore 1450“. In realtà egli fu il vero riedificatore di Senigallia, che si era “disfatta”, per usare i termini dei celebri versi danteschi: egli aveva una predilezione per questa località , e l’ottenne pur rischiando di entrare in collisione con suo suocero Francesco Sforza, signore della Marca, che l’aveva già promessa a sua moglie Bianca Maria Visconti, anch’ella conquistata dall’amenità del luogo.
La corte di Rimini brillò al pari dei più prestigiosi centri culturali rinascimentali, anche perché Sigismondo, genio e sregolatezza, non si limitò a svolgere la funzione di generoso e illuminato mecenate e grandioso committente, ma contribuì egli stesso al fervore intellettuale componendo poesie d’amore per la sua donna Isotta. Tra gli altri, operarono a Rimini artisti quali Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Agostino di Duccio, Piero della Francesca, Matteo Pasti, Roberto Valturio (che per il signore compose il De Re Militari) ed inoltre una schiera vivace di letterati, grammatici, filosofi, giuristi, tra i quali Giusto da Valmontone, Tobia del Borgo, Giusto de’ Conti, Porcellio, Tomaso Seneca.
Tra tutti primeggiava nel poetare un giovane nato nel parmense nel 1425, Basinio Basini, sempre ricordato come Basinio da Parma. Versato negli studi greci e latini, profondo conoscitore della mitologia e degli scrittori classici, dotato di una vena facile, fu uno dei più colti ed eleganti poeti del suo tempo. Come Augusto aveva avuto in Virgilio il suo cantore, Sigismondo ebbe il celebratore delle sue imprese in Basinio, autore del più originale poema latino del ‘400 intitolato Hesperis o Hesperidos (è questo il nome con il quale i Greci indicavano la penisola italica, terra del tramonto). Le recenti vittorie riportate in due eventi bellici contro gli Aragonesi sono il punto di partenza per l’esaltazione di Sigismondo come campione della latinità contro i barbari. Nel poema, la cui struttura rivela chiare influenze omeriche e virgiliane, sono esaltate anche imprese civili dell’eroe quale la riedificazione di Senigallia, cui sono dedicati 24 versi che abbiamo letto presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena e che commenteremo prossimamente. Qui riferiamo solo quelli segnalatici dal maestro Fabio Bellini e che figurano in una pubblicazione di O. Cavallari su Sigismondo.
Nel frammento vediamo Sigismondo vincitore arrivare a cavallo sulle sponde del fiume Sena, nome con il quale alcuni autori classici designano il nostro Misa: […] Amnis ubi Hadriacas volvit se Sena sub undas. / Hic urbem sociis, olim quam longa vetustas / Solverat, emeritis dedit alti grata laboris / Praemia […] (dove il fiume Sena si riversa sotto le onde dell’Adriatico, qui quale premio di gratitudine per il loro lodevole servizio assegnò ai compagni d’arme veterani la città , che la lunga vetustà già da tempo aveva disfatta).
A Senigallia Sigismondo e la sua amata Isotta sono ancora presenti, raffigurati in tre medaglie. Esse, rinvenute nel maggio 1789 nei pressi della attuale Rocca Roveresca, sono conservate presso la Biblioteca Antonelliana.
A distanza di qualche decennio versi non celebrativi, ma sgorganti da un’intimità filiale, compose il nostro concittadino Francesco Arsilli, uno dei migliori poeti cinquecenteschi in lingua latina. Della sua copiosa opera riportiamo pochi versi che abbiamo letto nella tesi di laurea di Antonio Maddamma, con il quale condividiamo amore e studio di questo nostro poeta: Ipse tuo e gremio virides, Senogallia, primus / Parnassi frondes ad tua sacra fero (Io uscito dal tuo grembo, o Senigallia, porto per primo al tuo tempio le verdi fronde del Parnaso). In linguaggio poetico l’Arsilli rivendica di essere stato il primo poeta nella natale Senigallia. Ad essa si riferiscono anche i seguenti versi: Ast me bisquinae tandem post tempora messis / Adriaci excepit Gallica Sena maris (Sena Gallica dell’Adriaco mare infine mi accolse dopo che per dieci volte era passato il tempo delle messi). Il poeta allude al primo ritorno nella città natale dopo i dieci anni trascorsi a Padova, dove si era addottorato in medicina e filosofia.
Approfondimenti:
– Il proverbiale Podestà di Senigallia (Libri Senza Carta 15 ottobre 2006)
– Sigismondo Pandolfo Malatesta:
su Wikipedia
su “RIMINI la storia, il comune, la signoria dei Malatesta”
– Biblioteca Malatestiana di Cesena
– Senigallia su Wikipedia
0 Risposte a “Senigallia nei versi di due poeti rinascimentali”