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Milk and honey to Santiago / XIII

Milk and honey to Santiago

di Sara Moneta Caglio

 

XIII.

C’era ancora un passato pendente

 

 

Avevo creduto per un momento che Gianmaria potesse guarire veramente. Desideravo pregare anche per lui nel cammino. Pensavo che se fosse stato capace prima o poi di perdersi in un bosco senza aver paura di abbandonare la strada: ecco forse allora l’avrebbe trovata, nuova, battuta, senza sassi, dove avrebbe potuto evitare di incespicare vagando nei meandri della sua mente.
Pensavo a questo nei primi giorni del mio cammino e mi rendevo sempre più conto che la forza, la determinazione e la costanza arrivavano dalla pratica della volontà e dalla disciplina.
Ogni mattina cominciavo a camminare senza forze verso un futuro ignoto. Ma guardavo solo davanti, ogni passo era sempre spinto oltre l’altro, senza ripensamenti. Le gambe non tentennavano, sicure dell’equilibrio che trovavano nel presente.
Dopo i passi più pesanti trasformavo il mio corpo in un uccello e cominciavo a volare ascoltando la leggerezza di una materia che dimenticava di pesargli addosso. In quell’armonia potevo trovare pace. Ed era solo lì, in quel preciso punto, che ogni giorno arrestavo il mio cammino. Fino al giorno dopo, per ricominciare la ricerca, per rafforzarne le radici e piantarle salde nel mio cuore.
Più avanzavo e più mi rendevo conto che anche un paesaggio desolato è capace di riempire l’animo di tutte le mancanze che va cercando.
C’era un però un tessera che non riuscivo ancora a inserire nel mosaico della mia vita.
Credevo di aver chiuso ogni discorso che riguardasse la mia lunga convivenza con Luca, ma mi rendevo conto proprio in quei giorni che mancava un ultimo passaggio.  E questo mi impediva di accogliere l’amore vero e di accettare Gianmaria, che pure era il mio sbaglio più grande, perché ero ancora intimorita dal passato, dal fallimento di un amore in cui avevo creduto.
Lo compresi un giorno, guardando una montagna sul cammino.
Quel picco, lì davanti a me, che mi appariva un cono capovolto, non era un altro monte che dovevo scalare, ma aveva la stessa forma di un tempo passato della mia vita che proprio lì, verso Santiago, voleva diventare finalmente tale.

Quella vetta era la stessa che io e Luca vedevamo ogni mattina dalla finestra quando trascorrevamo le vacanze nella sua Sardegna. Quante volte gli avevo chiesto di arrampicarsi con me su quei massi! Non ero riuscita mai a convincerlo e anche da sola non avevo mai conquistata quella montagna, forse per la paura di passi troppo solitari.
A migliaia di chilometri di distanza e a distanza di molti mesi dalla nostra separazione, lì, davanti a me, c’era lui e quel suo negarmi la gioia di salire.
Salire verso un gradino più alto del nostro rapporto, verso delle svolte che, nella vita, prima o poi, si devono affrontare. Salire sui pendii di quella collina e conquistarla. Espugnare quella fortezza che svettava, in alto, a dominare il mare con le sue mura. C’erano le stesse rovine di un castello, anche lì, sopra quel monte, in Spagna.
E quella volta la sfida non mi colse impreparata.
Decisa, determinata e coraggiosa come non mai, conquistai l’ascesa verso il cuore della terra, anzi verso il cielo. Una  strada inversa dove desideravo muovere i miei passi senza più sentire il peso dei pensieri di chi non voleva credere nei miei sogni.
Avevo incontrato Luca prima di partire, la prima volta da quando c’eravamo separati.
E lui, così razionale, così quadrato e diffidente, mi aveva chiesto di portarlo nelle mie preghiere. Glielo avevo letto nello sguardo. Era il suo cuore a chiederlo. E forse proprio lui, quella mattina, in Spagna, aveva voluto porgermi la mano per portarmi dove da sempre avevo voluto andare. Sopra quel monte, da dove potevo osservare la Barbagia, quella sua terra selvaggia sulla quale volava la mia mente.
Quel giorno, proprio in un istante, prima di arrivare a Los Arcos, lo avevo perdonato di tutto. O forse di quell’unica cosa di cui era colpevole complice, di non aver compreso la natura del mio animo che chiedeva solo di essere amato di un amore che non poteva essere solo terreno.
Mi resi conto lì, dall’alto di quel castello diroccato, che nella vita si ripropongono sempre le stesse situazioni, le stesse sfide e possiamo arenarci o imbarcarci per il nostro nuovo viaggio.
Io ormai ero partita. E certo non mi sarei più fermata.
Lo compresi tracciando le linee del mio traguardo, dove non riuscivo più a vedere e a immaginare Gianmaria, quell’uomo nuovo che voleva venire a prendermi e a portarmi via.
Lui che senza chiedere permesso si era introdotto in casa mia senza remore, senza imbarazzi, e io non riuscivo a capire, prima di allora.

(Milk and Honey to Santiago, capitolo XIII, continua nel capitolo XIV)

1 Risposta a “Milk and honey to Santiago / XIII”


  1. 1 Enrica Lug 29th, 2015 at 11:39 am

    “Milk and Honey to Santiago, capitolo XIII, continua nel capitolo XIV”
    Sei veramente molto brava; avrei voluto continuare la lettura, ma non ho trovato la continuazione; le vecchiette sono spesso un po’ “H” con tutto ciò che è tecnologico: mi sai dire come fare?
    Ciao. Enrica

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