Caccia alla corrispondenza privata di Luciano e Alessandrina Bonaparte, 1855 – Intrigo internazionale a Senigallia
Articolo già apparso su “L’Eco” di ottobre
Alessandrina Bleschamp, moglie di Luciano Bonaparte, muore colpita dal colera nella residenza sita sulla collina del Cavallo a Senigallia nel pomeriggio del 12 luglio 1855. Le sono stati impartiti i Sacramenti ed anche la Benedizione Apostolica. La salma, come da precise e dettagliate indicazioni della defunta, verrà traslata a Canino per essere sepolta nella cappella-sacrario dei Bonaparte fatta erigere dalla stessa Principessa.
Ad interessare le cancellerie europee e ad agitarne particolarmente alcune, non saranno le vicende dei resti mortali di Alessandrina, bensì le sue disposizioni testamentarie. La defunta aveva lasciato ai figli solo la parte legittima e nominato erede universale una nipotina nonché sua figlioccia, Luciana, figlia di sua figlia Maria e del conte Vincenzo Valentini di Canino. Come esecutore testamentario la principessa aveva designato il notaio Battaglioni di Senigallia.
A preoccupare i diplomatici non potevano essere le eventuali beghe conseguenti all’assegnazione e alla distribuzione dei beni ereditari, che, seppure ridotti, certificavano i passati splendori della coppia Luciano Bonaparte – Alessandrina Bleschamp.
Luciano, il più intelligente tra i fratelli di Napoleone, era stato determinante per la riuscita del colpo di Stato che nel novembre del 1799 avrebbe aperto la strada al futuro imperatore. Di idee giacobine e convinto che l’ambizione rendesse Napoleone un uomo pericoloso, entrò in aperto contrasto con il fratello. Questi, a sua volta, non approvava il matrimonio di Luciano, celebrato in segreto nel 1802, con una giovane vedova che brillava per bellezza, cultura e charme nei salotti parigini, un po’ equivoci, del Direttorio. L’ostinazione di Napoleone che imponeva il divorzio e il rifiuto di Luciano a obbedire furono all’origine delle avventurose e travagliate vicende dell’invisa coppia che, bandita dalla Francia, iniziò una vita errabonda che la volle anche prigioniera per qualche anno in Inghilterra. Perseguitati, ma anche di per sé irrequieti, molto innamorati (ebbero dieci figli), sempre conducendo una vita dal tenore principesco, i due fissarono infine la loro dimora nel Viterbese, dove Luciano nel 1814 fu investito da Pio VII del feudo di Canino con il titolo di Principe. Luciano scelse poi come residenza alternativa Senigallia, dove acquistò una grande villa al mare ed una casa in collina. Nella prima Alessandrina, fiera e fedele custode della memoria del marito, passò gli ultimi anni della sua vita; nella seconda spirò il 12 luglio del 1855.
Nel mattino del 13 luglio si hanno le prime avvisaglie dell’intrigo. Camillo Amici, Commissario Straordinario Pontificio per le Marche, informa dell’evento la segreteria vaticana con il mezzo più celere, un telegramma indirizzato al Cardinale Giacomo Antonelli. Sul telegramma è stato annotato: “scritto a Parigi oggi stessoâ€. L’Ambasciatore di Francia a Roma informa sollecitamente il Ministro degli Esteri francese a Parigi, il quale a sua volta riferisce all’Imperatore. Napoleone III è figlio di Ortensia Beauharnais e di Luigi Bonaparte, fratello di Napoleone I. È quindi per nascita nipote anche di Luciano.
Nel 1853 era stato pubblicato uno statuto che attribuiva all’Imperatore ogni possibile diritto per quanto riguardava tutti i Bonaparte. Riferendosi proprio a questa disposizione, il 24 luglio (dodici giorni dopo la morte di Alessandrina) il figlio Pietro, scontento delle clausole testamentarie dettate dalla madre, cerca di farle bloccare, inviando all’augusto cugino una lettera nella quale tende un evidente amo all’Imperatore: nell’asse ereditario figura anche l’accurato archivio nel quale Alessandrina ha conservato la corrispondenza intercorsa tra Luciano ed eminenti personalità del suo tempo e soprattutto un plico contenente le lettere che madre, fratelli e sorelle avevano nel tempo inviato a Luciano e nelle quali erano rivelate “cose intimeâ€.
Napoleone III, per nulla interessato alle beghe dei cugini, vuole peraltro impossessarsi a tutti i costi delle carte in questione, intuendo dallo scritto di Pietro che nelle lettere dei familiari ci siano riferimenti a quello che era ormai un finto segreto. Era comune diceria nelle corti ed anche tra il popolo che Napoleone III fosse nato da una relazione tra Napoleone I e la moglie di suo fratello Luigi, Ortensia.
Napoleone III non può bloccare le disposizioni testamentarie in questione, avocando il tutto a sé con il pretesto del segreto di Stato, in quanto l’ereditiera designata, Luciana Valentini, pur appartenendo al clan Bonaparte, è pur sempre suddita dello Stato Pontificio, pertanto nulla si può fare senza coinvolgere le autorità ecclesiastiche, suscitando conflitti di competenza e giurisdizione con la Santa Sede.
Ha così inizio un frenetico balletto che vede coinvolti, oltre al Ministro degli Esteri francese e l’Ambasciata di Francia a Roma, il Console francese ad Ancona e il suo Vice, il Vice-Console francese a Pesaro e l’Autorità Ecclesiastica nella persona del Delegato di Urbino monsignor Badia.
Tra le due diplomazie si profila uno scontro frontale che entrambe sembrano volere evitare; intanto il colera, che ha portato via Alessandrina, continua a mietere vittime.
Per superare l’impasse e risolvere le controversie giurisdizionali insorte, l’ambasciatore di Francia propone l’intervento a Senigallia di un plenipotenziario francese, il barone Baude. Questi si precipita nello studio del notaio Battaglioni di Senigallia, custode del carteggio conteso, e con atto di prepotenza se ne impossessa (personalmente nutriamo il dubbio che invece lo si sia lasciato fare). I cinque faldoni contesi arrivano a Parigi i primi di novembre: ad attenderli al Ministero degli Esteri è lo stesso Napoleone III.
Del carteggio che riguardava i fatti privati dei Bonaparte non è rimasta più traccia. Forse c’era quello che Napoleone III temeva: in qualche lettera si accreditava il fatto che egli non era il frutto di una relazione illecita di Napoleone I con la cognata Ortensia, bensì il risultato di una delle anonime e numerose scappatelle che la dama si concedeva. Non sarebbe stata quindi generica la frase con la quale l’Imperatore si sentì apostrofare da suo zio Gerolamo: “Tu non hai nulla dei Bonaparte nelle veneâ€.
Vedi anche:
La famiglia Bonaparte (fonte: Wikipedia)
Genealogia della Famiglia Bonaparte (fonte: Canino.info Onlus)
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