Pubblicato su L’Eco di agosto
Emanuel de Azevedo nel 1786 ci racconta i due episodi
La pittura devozionale post-tridentina ha un indirizzo ben preciso: nel dipinto va rappresentato un episodio di facile comprensibilità da parte dell’osservatore, in modo che questi ne tragga un insegnamento morale o comunque una sollecitazione al culto di Dio e dei Santi e a una vita basata sugli insegnamenti della Chiesa. Ignorando cosa ha voluto o dovuto rappresentare un pittore della seconda metà del ‘6oo, si può esprimere un giudizio sulla “riuscita” del suo lavoro? Quali fatti ha rappresentato Giovanni Anastasi nei due quadri recentemente restaurati e riguardanti Sant’Antonio di Padova? (Se si vuole usare la preposizione da, che indica origine o provenienza, il Santo più appropriatamente va indicato come Sant’Antonio da Lisbona).
La didascalie più esplicative di uno dei due quadri, apparse in un recente volume, si limitano a dire molto stringatamente che Sant’Antonio “resuscita un morto”, affermazione di per sé alquanto vuota per la sua genericità .
Ci risulta che almeno per decenni, fino a giungere ai giorni nostri, si è cercato invano di individuare il soggetto delle due tele dell’Anastasi. Noi ce ne siamo occupati con un esito positivo: i due quadri dei miracoli di Sant’Antonio di Padova, che dopo il restauro si trovano presso il Museo Diocesano di Senigallia, hanno oggi un soggetto ben preciso.
La soluzione dei due enigmatici soggetti l’abbiamo trovata presso la Biblioteca Antonelliana di Senigallia, scrigno di numerosi tesori e di piacevoli sorprese: essa custodisce nei suoi scaffali (grazie al lascito del Cardinale Consolini) anche i Fasti Antoniani. Il titolo del volume riecheggia volutamente i Fasti di ovidiana memoria: in esso, in eleganti distici latini, sono rievocate le gesta di Sant’Antonio di Padova. Il libro è stato pubblicato a Venezia nel 1786 e il suo autore è un portoghese che si chiama Emanuel de Azevedo (1713-1798). È stato per noi un sorprendente re-incontro questo autore. Conoscevamo il nome di questo gesuita perché esso era stato usato come pseudonimo dal Cardinale Nicola Antonelli, il benefattore cui dobbiamo la nostra Biblioteca cittadina. La prima edizione del Vetus Missale Romanum Monasticum Lateranense del 1752 fu pubblicata sotto il nome dell’Azevedo, che forse ne era stato soltanto il curatore; nelle ristampe successive l’autore, il Cardinale Nicola Antonelli, figura con il suo vero nome.
Sant’Antonio, cui alla nascita era stato dato il nome di Ferdinando, proveniva da una eminente famiglia di Lisbona. Suo padre Martino era cavaliere del re e tra i suoi avi contava Goffredo di Buglione. Due volte, secondo i racconti, Sant’Antonio fu a Lisbona per aiutare suo padre e dimostrarne l’innocenza di fronte ad accuse pesanti.
Il primo episodio si riferisce ad una incriminazione per malversazione, esattamente per avere illecitamente operato nella distribuzione di denaro pubblico. L’intervento del figlio permise di dimostrare la correttezza del suo operato.
Il secondo intervento è riferito nei Fasti come miracolo Numero 10 e con il titolo Patrem ab imminenti periculo lethalis sententiae liberat (Libera suo padre dall’incombente pericolo di una condanna a morte). È questo l’episodio illustrato nella tela affollata di personaggi.
Del soggetto dell’altro quadro ci occuperemo nel prossimo numero di questo giornale.
Qui di seguito riportiamo, quasi integralmente, la traduzione del testo del De Azevedo.
“[…] Mentre scorrono lente le ore di una notte oscura, un uomo cade, il petto trafitto da una lama, avanti alla casa del padre (di Antonio). Il corpo, gettato nel giardino, vi rimane a lungo nascosto e quando viene ritrovato condanna come sospetto il padre. Sebbene innocente, questi viene già messo in catene e sta per essere pronunciata una sentenza di morte, per la quale depongono nuovi indizi.
A questo punto l’Eroe (Antonio) chiede il permesso di lasciare la città di Padova ed il Priore, comprensivo, gli concede di partire. O a piedi o trasportato in aria […]” Antonio giunge tempestivamente a Lisbona, in tempo per parlare con i giudici prima del verdetto e “[…] dice: “Corriamo al sepolcro del defunto: il morto stesso sarà il veritiero testimone di questo crimine”. Egli si affretta e tutti si affrettano dietro di lui, stupefatti dalla straordinarietà della cosa. Egli ordina di rimuovere la terra che copre la tomba. Il terreno è rimosso, mentre tutti guardano. Il Santo, pieno di ispirazione divina, chiede: ” È stato Martino il tuo assassino?”. In quel mentre vedono il cadavere, muto all’aspetto, sollevare le palpebre e muovere le labbra. Sforzandosi sul lato sinistro e sollevando le braccia, il morto ad alta voce così riferisce: “Non è stato Martino ad uccidermi; questo uomo onesto non ha potuto commettere così grave delitto”. E aggiunge: “Sciogli, ti prego, il vincolo che tiene legata la mia anima, come sogliono fare i sacerdoti.”. Il Santo lo assolve e al defunto, rientrato tra i morti, assicura la salvezza dell’anima. Così il padre (di Antonio) può essere reintegrato da innocente nei suoi diritti. Tutti vorrebbero indagare sul colpevole, ma il Santo non ne rivela il nome. Essi sono lì per aiutare un innocente e non per nuocere ad altri.”.
Giovanni Anastasi – Miracolo di S. Antonio
Al centro del dipinto dell’Anastasi figura Sant’Antonio, la mano sinistra appoggiata sulla spalla di un uomo, che è suo padre Martino; la mano destra, levata ad indicare il genitore, è su una diagonale che la collega alla mano dell’uomo, che è stato resuscitato solo per il tempo di scagionare l’innocente e per ricevere l’assoluzione che la morte violenta e improvvisa gli aveva negato. La figura all’estrema destra del quadro ha l’aria del giudice che deve pronunciare la sentenza e la donna che un armigero con forza allontana da Martino potrebbe essere sua moglie. Tutt’intorno una folla di persone stupite, quasi tutte con le mani alzate, e gli armigeri, muniti di alabarde, che erano andati ad arrestare il presunto colpevole.
Questo episodio, raccontato dall’Azevedo, era già presente in altre narrazioni della miracolistica di Sant’Antonio. Esso oltretutto, e cosa non indifferente, ha dal XVI secolo una rappresentazione plastica in uno dei luoghi più frequentati sia a scopo devozionale sia a scopo culturale: la Basilica di Sant’Antonio a Padova. Ben visibili alle spalle dell’Arca del Santo figurano nove altorilievi marmorei.
Uno di essi, abbozzato nel 1572 da Danese Cattaneo (allievo del Sansovino) e completato da Gerolamo Campagna nel 1577, consegna ai visitatori meno distratti la stessa storia che ci è stata rappresentata da Giovanni Anastasi: Sant’Antonio, al fine di liberare suo padre dall’accusa di omicidio, resuscita la vittima perché possa testimoniare.
E’ con vero profondo disagio che
stimando l’impegno e la serietà morale di Valeria Bellagamba
provo dispiacere
ogni volta che mi capita di leggere del Santo di Padova sul sito ove Valeria profonde iniziative e cultura sana
forse e quasi ne son certo
dipende dal fatto che vivendo quassù ho modo di toccare i bus di miracolati e quasi contare il danaro che tanto gira attorno
questione di fede-buonafede-grazia
ho amici dai quali mi separa solo questo “credo”
e mi dispiace
però le evidenze restano tali e non riusciamo tra noi
quando si scende in “religiosi fatti”
a superare amarezze reciproche
in sintesi :
sono rimasto fermo a Jacopone da Todi e credo che il dolore vero di Maria e la umiltà del Figlio poco o nulla abbiano a che fare col mercato odierno e la conta del “vile soldo”
il predicatore portoghese era assai diverso anche in umiltà dal nostro Francesco di Assisi
eppure dietro a questi spiriti sono sorte poi maleducate industrie che nei secoli ebbero a compiere e non per dovere atti di cui non sempre poi qualcuno dovrebbe pentirsi
sarò senza dubbio frainteso per mio demerito ma non riesco proprio ad essere troppo obiettivo-di parte-
verrà o tornerà anche un sano dire di chi non so immaginare ove il dare viene sempre e comunque prima del prendere
senza tornaconti
condizioni
il disquisire sull’argomento fede-religione lascia sempre feriti per strada
forse sarebbe stato meglio tacessi e magari anche fingere non leggere del protettore di Padova
non ho voluto offendere alcuno e tantomeno mancare di rispetto a non so chi
solo non sono stato in grado di frenarmi quando constato che la stimata Valeria scivola accanto a certi dialoghi
essendo giovane educata e giustamente colta mi spiace vederla trascinata in battaglie un poco velate
Auguri sempre pel vostro bel sito.
dario.
Dario, nessuna offesa.
Il sito è curato non solo da me, ma anche da altre persone. Ognuno di noi porta il suo contributo. C’è pluralità di voci e di visioni, senza nessuna esclusione.
A presto
Valeria
un’altra volta conterò oltre il 1.000-
la tua sempre educata presenza mi ha fatto pentire del mio intervento
grazie per la risposta ch’è più di quanto io meriti
auguri sempre e comunque
grazie ancora Valeria
dario .