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Milk and honey to Santiago / XXIV

Milk and honey to Santiago

di Sara Moneta Caglio

 

XXIV.

Santiago nel nord dell’Inghilterra

Non sapevo che il mio peregrinare potesse avere risvolti così evidenti, cambiamenti così repentini e netti, non immaginavo che avrei cambiato così tanto la mia vita, nella frazione di un secondo, di una nuotata, in un oceano che ha completamente risvegliato il torpore delle mie passate accettazioni.
E così mi ritrovo a muovere i primi passi in territorio straniero, ancora una volta e questa volta per un viaggio diverso, per qualcuno per cui vale la pena osare e restare.
Era passato esattamente un mese dal mio ritorno dalla Spagna e non avevo perso di vista nemmeno per un istante il mio progetto, la mia intenzione, la volontà di fare una pazzia, per una volta, una pazzia come si deve, per tornare a vivere come si deve, senza schemi, senza piani, a mani vuote, ma con un progetto immenso da rispettare.
Sono partita così, da un giorno all’altro, senza prepararmi, senza preoccuparmi di come coprirmi, di come vestirmi, sono partita nuda, ma senza freddo. Sono partita, chiudendomi dietro alle spalle, la porta di casa, una casa che avevo amato, che mi aveva accolto e protetto, durante tutte le fasi della mia vita, una casa che aveva ogni comodità potessi desiderare. Ho chiuso a chiave anche il mio lavoro, perché ho capito che ce n’è sempre un altro che ti può attendere e che puoi inventare, ho chiuso con tutte le mie abitudini, con tutti i miei ritmi, le mie certezze, ho tirato un sipario su tutto ciò che ormai era solo vecchio e sgualcito, su tutto ciò che facevo perchè andava fatto, ho portato con me solo una valigia e la scintilla di tutte quelle persone così importanti nella mia vita, quella fiamma che arde nel mio cuore e lo scalda, ogni giorno, per non farlo sentire nostalgico, per non lasciare malinconia nelle persone che ho sempre tanto amato. Loro mi accompagnano ogni giorno, mentre cammino su marciapiedi sconosciuti, e io resto con loro nelle strade che mi appartengono da sempre.
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Una giornata con Giacomo Leopardi

Con piacere segnaliamo un reading-spettacolo su Giacomo Leopardi in programma sabato 16 gennaio a Jesi (AN): Una giornata con Giacomo Leopardi.

cammini_teatroUn percorso ideale, dall’alba al tramonto, attraverso i Canti di Leopardi, incominciando dal Sogno e terminando con il Canto notturno.

Letture di Enrico Guida
Improvvisazioni musicali di Alessandro Biagini
Immagini di Enzo Gerini

Jesi, Teatro Il piccolo di San Giuseppe, ore 21.15

I biglietti sono disponibili presso la biglietteria del teatro a partire dalle 20.

Per informazioni tel 071742353 o alla Libreria Il grillo parlante di Chiaravalle (AN).

Milk and honey to Santiago / XXIII

Milk and honey to Santiago

di Sara Moneta Caglio

 

XXXIII.

Santiago

 

Quando leggi il cartello stradale con questo nome, ti sembra di toccare il cielo con un dito. Sei così orgoglioso di quello che hai fatto, dell’impresa che sei riuscito a portare a termine, che tutto il futuro non ti appare più come un dilemma, come un viaggio con ostacoli da superare, ma come una piacevole passeggiata all’imbrunire, quando tranquillamente puoi rallentare i ritmi del giorno, puoi godere del riposo della sera, che arriva ad alleggerire i tuoi passi, i tuoi sforzi.
La sensazione strana che invadeva ogni mio pensiero era che adesso non sapevo dove andare, dove dirigermi, dove camminare.
Ero arrivata.
Non dovevo più alzarmi per partire. Non avevo più un traguardo da raggiungere. L’avevo raggiunto e mi rendevo conto che era stata questione di un attimo.
Dopo infinito peregrinare, un attimo ed ero dentro. Dentro la città, dentro la mia vita, dentro lo scopo, dentro il fine. Nella preghiera, nel ringraziamento, nella commozione, nella gioia sconfinata. Quella gioia era ricomparsa ad annegare il mio cuore che nuotava all’impazzata da una riva all’altra di quell’oceano nuovo da scoprire, ma che non riusciva a stare a galla per l’accelerazione dei battiti, per tutta la frenesia del momento.
Sì, la gioia era tornata e Gianmaria stava dormendo, dormiva e io vivevo, respiravo.
Ero arrivata. Con i miei 800 km addosso, incollati a ogni centimetro della mia pelle, del mio animo.
800 km per arrivare alla verità, quella che avevo riconosciuto e mai più avrei ingannato, tradito. Volevo un mondo sincero, bello come quello a cui mi ero abituata, durante questo mese in cui avevo abbandonato la civiltà.
Vivevo in un’altra dimensione, un luogo dove era possibile, per chi lo desiderava, ripulirsi da tutto il fango di cui siamo rivestiti, in cui siamo impantanati.
Tutte le strade erano vuote, vuote fino ad un momento, quello in cui mi ritrovai confusa in un fiume di gente sorridente che si affrettava verso la messa solenne dell’arrivo. Mi persi a osservare i volti, tutti diversi, ma così uguali, uniti in un unico spirito. Arrivavano da lontano tutte quelle persone, da tutti gli angoli del mondo per rifugiarsi in quell’ angolo di paradiso che proteggeva chiunque lo raggiungeva, chiunque ci credeva.

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Milk and honey to Santiago / XXII

Milk and honey to Santiago

di Sara Moneta Caglio

 

XXII.

Ma è subito domani

 

 

Domani era il giorno del risveglio e della realtà che avrebbe avuto il sopravvento sul sogno e su tutte le visioni dei giorni passati, il giorno in cui Gianmaria sarebbe arrivato in Spagna, il giorno che non avrei mai voluto arrivasse a svegliarmi da quella dolce quiete, il giorno in cui Samuel ed io avremmo dovuto separarci dal quel legame che ci univa, senza lasciare angoli stropicciati. Certamente potevamo continuare insieme, ma senza quella naturalezza che ci accompagnava da tutto quel lungo viaggio.
Come facevamo, poi, a dimenticare quel bacio?
C’era una strana sensazione nell’aria.
Era la prima mattina che sentivamo pesarci addosso una stanchezza che prima non ci aveva mai toccato.
Dopo pochi passi avevamo bisogno di riposo, di sostare sotto qualche ombra di cespuglio refrigerante.
La realtà era che non volevamo arrivare, non volevamo arrivare a doverci separare. Dentro di noi era troppo difficile da accettare e così ogni pretesto era buono per ritardare quel momento.
“Lo sai, Samuel, che nulla cambierà nel nostro rapporto, arriveremo alla fine di questo viaggio insieme”, cercavo di spiegare a lui che aveva spento i suoi occhi e deciso di rattristarsi così rapidamente.
“Sara, va bene così, qualsiasi cosa capiti c’è stato quel momento” , mi rispose senza essere troppo convinto.
E quel momento sapevo che avrebbe cambiato tutto, anche se non sapevo come affrontare la situazione, quali passi muovere per primi.
Dopo tutto quel camminare, la cosa buffa era che dovevo ancora imparare a muovere i passi, nel giusto sentiero, nella giusta direzione.
Quel giorno non lo dimenticheremo mai. Quel giorno era così afoso ci si era incollato addosso.  Non c’era scampo di liberarsene, anche se noi volevamo soltanto che non esistesse. È stato poi che ho scoperto che, grazie a quel giorno, ci sono stati i giorni successivi e che le cose più spaventose da affrontare sono quelle che ci danno più forza e più coraggio.
Rivedere Gianmaria mi faceva un certo effetto, lui che era venuto lì per me e io che non provavo nemmeno un po’ di emozione, di entusiasmo. Io che non avevo voglia di abbracciarlo o di condividere il suo mondo, quello che lui ci teneva sempre a precisare fosse libero, ma che a me faceva sentire imprigionata nelle più pesanti catene. Lui sorrideva, ma fingeva, lui raccontava, ma taceva, taceva su di lui, per paura di poter commettere un solo errore e venire allo scoperto, allo scoperto di quel che era veramente.
Lo guardavo e pensavo: “Ma come ho fatto a permettere tutto questo? Come ho fatto ad accettare la sua compagnia, la sua intromissione?”
Io che non ero mai stata capace di dire di no, questa volta mi ero cacciata in un bel casino. Nella strada verso Santiago potevo vedere veramente, potevo avere un’immagne precisa di ogni suo comportamento, di ogni atteggiamento, di ogni pensiero. Si dimostrava così sicuro di se stesso, ma in realtà non sapeva dove aggrapparsi per venire a galla da quella sua disperazione.
Cominciai a non sopportare la sua presenza, ma non volevo essere cattiva, non volevo fargli male, non volevo rovinare le sue aspettative.
Poi, tutt’a un tratto, mi accorsi che non potevo fare a meno di essere me stessa, nella distanza che avevo preso da lui.
Samuel, intanto, guardava da lontano, anche se, in realtà, era anche troppo vicino per comprendere ogno cosa con i suoi occhi così sinceri.
Samuel stava male perchè si era innamorato veramente di me ed io, forse per paura, non lo avevo davvero capito o forse non volevo ammettere al mio cuore i miei sentimenti per lui.
Quella sera lì, a Melide, ho finito di vivere il mio paradiso e mi sono ritrovata catapultata all’inferno. Era come se fossi tornata indietro, all’inizio del cammino.
Non volevo stare così, con l’animo così pesante, a due giorni dall’arrivo, a due giorni da Santiago, a due giorni dalla vita.
Ma quando cerchi una soluzione, non trovi altro che nodi in quella matassa da sgarbugliare e ti sembra di non essere capace nemmeno di provare a farlo. Aspetti che qualche accadimento ti sia di spunto per cominciare. Così ho calmato la mia mente, l’ho liberata e le ho permesso di attendere e interpretare qualche segno da cui partire o meglio, ripartire, il giorno dopo, per la vigilia di Santiago. Il cuore era invaso da un’emozione profonda, da una forza inaspettata, da un’energia che non sapevo da dove arrivasse, dopo tutte quelle fatiche, quelle sfide affrontate a piedi nudi e con qualche peso in più sulle spalle. Ma poi sarebbe arrivata la ricompensa di tutti i sacrifici. Sentivo dentro di me che sarei stata ripagata da quel cammino intrapreso per liberarmi di tutto ciò da cui dovevo distaccarmi e per legarmi a tutto ciò che mi stava aspettando.
La mattina successiva con Gianmaria, senza Samuel e Marek, mi sentivo abbandonata, fragile, triste. Mi mancava anche quel gruppo di milanesi, incontrati soltanto nell’ultimo percorso del cammino, che avrebbero terminato l’indomani, dopo averlo spezzato in due tappe, percose nelle due estati precedenti.
Erano in quattro ed uno era sacerdote, a Sant’Ambrogio, la chiesa che frequentavo sempre a Milano. La chiesa che mi aveva sempre ammaliato, dove avevo sentito crescere quella fede che cercavo di rendere più forte. Quella fede che con il suo fascino sconosciuto, mi trascinava a cercarla, a scoprirla, ma non svestirla completamente, lasciandola in quel mistero che le appartiene. Quella fede in cui dissetarmi e nutrirmi di risposte senza voce. Don Umberto mi aveva avvicinato in quei giorni a a cercare ancora più costantemente l’unica risposta che noi tutti cerchiamo.
Don Umberto parlava poco, ma non aveva bisogno di tante parole per comunicare il suo calore. Avevamo imparato a incontrarci sul sentiero, a proteggerci e preoccuparci l’uno per l’altro e negli ultimi giorni, se non ci incontravamo, sentivamo una grande mancanza.
Quando scopri la bellezza non ne puoi più fare a meno.
Era quindi naturale che sentissi la loro distanza, anche se non ci incontravamo solo dalla notte prima, ma il tempo sul cammino, verso Santiago, non ha tempo. O è infinito o passa rapido come un treno. Per me allora si era fermato e il tempo, lontana quella mia nuova famiglia, mi sembrava eterno. Le ore erano mesi e i giorni anni: volevo raggiungerli, sentire l’importanza di quel senso di appartenenza a un gruppo, a un progetto, a un ideale, a una fede. A un credo.
Gianmaria parlava, sparlava, e io non lo ascoltavo. Camminavo con lo sguardo basso sulla terra, una terra dove volevo affondare, scomparire, per non essere lì in quel momento. Avevo il buio nello sguardo e la tristezza nell’animo. Forse perché avevo imparato a riconoscere, per la prima volta veramente, distintamente, il bene dal male.
E Gianmaria, purtroppo, nella mia storia era il male. Per la prima volta mi resi conto di tentare di avanzare lasciando lui indietro, ma più mi allontanavo, più lui si aggrappava ai miei passi, seguendo, seppur con affanno, ogni mia labile impronta.
Capii che non si sarebbe arreso facilmente a lasciarmi andare libera, a perdermi.
“Chissà come sta Samuel, chissà a che punto è, chissà se anche lui desidera tornare indietro al giorno prima, senza considerare questo presente”. Era l’unico mio pensiero, l’unico interrogativo.
Il presente, che fin ad allora era l’unico momento in cui mi ero sempre focalizzata, concentrando tutte le mie energie e dedicandogli tutte le mie risorse, era diventato un ostacolo da scavalcare.
Quello era il segno che aspettavo. Quella inadeguatezza che non volevo provare la scintilla che avrebbe incediato la mia anima. Occorreva lottare, darsi da fare per venirne fuori, perché così non volevo rimanere, perché così era una vita inautentica, piegata dai compromessi.
Avevo ancora una notte per dormirci sopra e meditare, anzi una notte per vegliare ed accogliere quel lume che avrebbe riportato la mia anima al sole, lontana dalle tenebre che incombevano per tentarla e corromperla con allettanti e ingannevoli prospettive.
Una notte, quella, che non dimenticherò mai.

(… continua a leggere ‘Milk and honey to Santiago / XXII’)

Milk and honey to Santiago / XXI

Milk and honey to Santiago

di Sara Moneta Caglio

 

XXI.

Verso Gonzar, dove tutto cambia

 
Non ricordo la strada, forse perché l’avevo percorsa al buio, anche quando era uscita la luce. Al buio, perché volevo proteggerla tra i sogni delle notti che da trenta giorni non dormivo più. Le notti che sono sicuramente state le più importanti della mia vita.
Sapevo che c’era Samuel accanto a me.
Stavamo attraversando una campagna che sembrava inglese, comparsa improvvisamente per non fargli sentire la nostalgia della sua terra, vicino alla Scozia, con i suoi cottage, il silenzio, la pace. Lui che viveva proteggendo i suoi libri, il suo reale incanto, lui che aveva i miei stessi occhi, gli occhi di quell’anima a cui aveva insegnato a vedere, a cui aveva parlato a lungo per svegliarla.

999-761-Iglesia--Santa-Maria-de-Gonzar--1024x576-Desideravo un paese come Gonzar, appoggiato su una strada di passaggio, ma stabile nella sua storia. Desideravo quel cielo basso, quelle nuvole, quel sole che ancora scalda, dopo una pioggia battente che per ore mi aveva incollato tra le sue braccia addormentate.
Era tutto scritto.
Era tutto desiderato e voluto nei piani di qualcuno che questo cammino l’aveva permesso, questo cammino dove nulla era un caso, ma ogni evento un segno da afferrare, da non trascurare.
Come quella passeggiata, senza rumore, tra il cielo arrossato della sera. Quella passeggiata senza pretese, senza attese, nella timidezza di una mano tenuta stretta da un’altra mano, i nostri sguardi che si baciano e si fondono in un cielo blu profondo.
L’amore era l’unico sentimento che conoscevamo in quel cammino verso Santiago, in quel cammino che era speranza, in quel cammino che in cambio ti chiedeva solo di essere felice.
Ricordo la benedizione del primo giorno… Avevamo una protezione e nessuno poteva essere capace di dividerci.
Dopo quel bacio gentile, impercettibile, quasi invisibile, ci addormentammo in un mondo nuovo da scoprire, da costruire insieme.

(Milk and honey to Santiago, capitolo XXI, continua nel capitolo XXII)

Il sogno del Natale

Sabato 12 dicembre alle ore 19.00 a Senigallia presso Synbiofood (Via F.lli Bandiera, 33/35) sarà presentato Il sogno del Natale, novella di Alfredo Panzini (Ventura Edizioni, 20015). Scritta nel Natale del 1900 e pubblicata l’anno successivo nella strenna a beneficio del Pio Istituto di Rachitici di Milano, la novella fu inserita quattordici anni più tardi nella raccolta Donne, madonne e bimbi presso lo Studio Editoriale Lombardo di Mario Puccini, la Ventura Edizioni ripropone una delle novelle più belle dello scrittore senigalliese. Così scriveva l’autore in prefazione alla raccolta:

Queste novelle sono del vecchio tempo in Milano (come si vede dalla data, posta in fine di ciascuna novella), ma anche della mia età migliore. Esse, insieme con un lungo racconto, La cagna nera, e altre novelle in altri libri, sono figlie non della mia fantasia soltanto, ma anche di un tempo che era fuori di me, e, quale si fosse, aveva pure una sua stabilità. Questa stabilità oggi non è più. Ritornerà, ma né io né voi ci saremo. In memoria di quel vecchio tempo è piaciuto all’Editore di raccogliere queste novelle, smarrite come la cagna nera, e meritevoli, forse, di miglior trattamento che non ebbero quando apparvero in vita.

Presentazione a cura di Andrea Bacianini e Antonio Maddamma. Seguirà aperitivo.