Pochi giorni dopo la nostra discussione sul possibile futuro digitale dei libri, precisamente il 30 marzo, sul sito web del quotidiano Repubblica è comparso questo articolo a firma di Enrico Franceschini.
Scegli, scarichi, leggi – Scribd, lo Youtube dei libri
Qualcuno lo chiama il “YouTube dei libri”: un sito Internet che pubblica migliaia di titoli di ogni genere e offre la possibilità di scaricarli gratuitamente. Qualcun altro preferisce definirlo l’equivalente dei “pirati” della musica, ossia dei siti su cui è possibile scaricare i successi della hit parade mondiale senza pagare un soldo, alla faccia del copyright. A decidere quale delle due etichette si adatta meglio a Scribd.com, il sito creato in California da due giovani ex studenti di Harvard, sarà un tribunale, a cui si sono rivolti scrittori come J. K. Rowling e Ken Follett, insieme ai loro agenti ed editori, per ottenere giustizia.
La “pirateria” musicale, dicono gli esperti del settore, ha ucciso l’industria discografica: se il sito dei “pirati dei libri” lanciasse un trend analogo, il timore è che l’editoria possa fare prima o poi la stessa fine, anche se scaricare un libro non è esattamente la stessa cosa che scaricare una canzone. Il “pirata” in questione afferma di essere il sito letterario più popolare del mondo, e le cifre sembrano confermarlo: viene visitato da 55 milioni di persone al mese. Non si paga niente per accedervi, poiché Scribd, nato due anni or sono, vive solo di inserzioni pubblicitarie.
A sua volta, il sito non paga alcun diritto d’autore alle opere che offre in visione. E sono tante: ogni giorno la lista dei libri e documenti consultabili aumenta di 50 mila titoli. Il Times di Londra, che stamane dedica un articolo al fenomeno, ci ha dato un’occhiata, scoprendo un po’ di tutto, dai romanzi di “Harry Potter” della Rowling, appunto, a “Mondo senza fine” di Follett, da Nick Hornby a John Grisham, dalla narrativa alla saggistica.
Accusa Peter Cox, un agente letterario londinese: “Questi sono pirati. Non dobbiamo arrenderci ai loro soprusi. Non possiamo permetterci di rifare gli stessi errori commessi dall’industria discografica”. Ma Trip Adkins e Jared Friedman, i due neo-laureati di Harvard fondatori del progetto, non si riconoscono nel ruolo di corsari del web e negano di compiere alcunché di illegale. Il loro sito è stato usato perfino dalla campagna elettorale di Barack Obama, per pubblicare documenti e dichiarazioni a cui la gente potesse accedere direttamente, bypassando i media.
Consapevoli dei problemi di copyright, un portavoce della società afferma che Scribd agisce sulla base di un semplice precetto: se un editore protesta perché un suo libro è stato messo senza permesso sul sito, loro lo rimuovono entro 24 ore. Ciò risponde a quanto stabilito dallo U.S. Digital Millennium Copyright Act, l’aggiornamento a Internet della legge americana sui diritti d’autore, che afferma che un sito non può essere citato in giudizio per azioni compiute da coloro che lo usano senza che il sito ne sia a conoscenza.
Ovviamente, Scribd.com non sa se un suo visitatore, dopo avere scaricato un libro, se lo stampa e se lo legge, in barba al copyright, gratis e senza la fatica di andare fino in libreria per comprarlo. E per di più molti editori non sanno che i loro titoli sono sul catalogo di Scribd.com, per cui non chiedono al sito di toglierli. E’ il caso, verificato dal Times, di Macmillan, casa editrice di Ken Follett, che ignorava che il suo ultimo romanzo best-seller fosse apparso sul sito californiano qualche giorno or sono, dove lo hanno già letto 500 persone.
“Grazie dell’informazione, ci occuperemo della cosa”, hanno detto i responsabili della casa editrice al giornalista del Times che li ha avvertiti. Una situazione che, se questo è il futuro, si ripeterà spesso. (di Enrico Franceschini)
Personalmente ho dedicato una mezzoretta ad una piccola indagine per curiosità e ho potuto osservare che non sono ancora molti i libri italiani presenti sul sito. In particolare ho utilizzato una recente classifica dei più venduti e ne ho trovati solo un paio su una ventina.
Vengo ad alcune piccole considerazioni di carattere più generale. Mi sembra un fatto essenziale la possibilità di accedere facilmente e con meno barriere possibile, specie se economiche, a qualunque forma di cultura. Tuttavia molti di noi vorrebbero poter vivere scrivendo (e leggendo) piuttosto che relegare queste attività solo a pochi momenti della giornata. Se poi consideriamo che sono davvero poche le persone in Italia che vivono del tipo di scrittura che amano di più (carmina non dant panem si diceva un tempo), la situazione di partenza è già poco di rosea.
Detto questo, si può discutere del ruolo degli editori e delle case editrici: quanto è importante? Lo si potrebbe definire di intermediari tra gli autori e il pubblico, ma questo non basta. Sono certamente anche dei commercianti, perchè lo scopo di ogni azienda è indubbiamente il profitto. Se vogliamo, questo è chiarito anche dal fatto che il diritto d’autore garantisce per legge il 20% del prezzo di un libro a chi scrive, mentre il resto va all’impresa editrice, ai distributori e alle librerie (altri intermediari di non poco peso).
Del resto si deve riconoscere agli editori di fare da filtro: non tutto ciò che si scrive è infatti di buona qualità , anche questo bisogna ammetterlo! L’esperienza della lettura di un libro ha bisogno di qualche garanzia, difficilmente si impegna del tutto a caso il proprio tempo. Chi, poi, non vorrebbe avere un buon editor? Non sono più i tempi di Pavese, ma questo è un altro elemento portante di una casa editrice che si rispetti e talvolta riesce persino a cambiare faccia a un libro tanto è il suo potere (illuminante la recente discussione su Raymond Carver).
Eppure questo filtro editoriale fa a sua volta i conti con esigenze economiche e persino ideologiche (naturalmente più nel passato che oggi; o forse no?), che un lettore comune tende a non gradire (o forse no: in fondo anche queste sono indicazioni rassicuranti a priori sul contenuto di un volume). C’è stato, inoltre, il peso delle scuole critiche e della scuola come istituzione, ma qui il discorso di fa troppo lungo e sicuramente trovate osservazioni più pertinenti nel libro di Andrew Keen preannunciato nell’articolo di Salis con cui la discussione è iniziata.
Il cambiamento del modello di pubblicazione subirà molti altri mutamenti e non saprei dire quale paradigma prevarrà (magari convivranno a lungo i più diversi). Ciò che mi auguro, tuttavia, è che si tratti di mezzi e intermediari per cui prevalga l’interesse di un autore a far leggere e riconoscere la validità di ciò che scrive. E, caso mai, a viverne.
Bravo a segnalare l’articolo di la Repubblica
L’ho ritagliato e messo da parte
sempre nelle pagine centrali del quotidiano fondato da Scalfari avviene che si trovino eccellenti cose per cui vale pena pensare
grazie per la divulgazione et incitamento
dario
Grazie Andrea per aver ripreso il discorso su un tema che è molto importante.
Purtroppo vivere di scrittura sta diventando sempre più difficile, anche per chi ha talento e bravura da vendere e anni di esperienza alle spalle.
E poi ciò che “vende” diciamo pure che non è che sia questo granché….
per usare un eufemismo.
Se internet ha portato ad una maggiore disponibilità , diffusione e condivisione dei contenuti, bisogna ammettere però che le professioni intellettuali e artistiche sono in serio pericolo.
Cinema, musica, letteratura, giornalismo… se chi svolge una professione in questi settori non si vede riconosciuta una adeguata remunerazione è la fine di queste discipline…
Ci sarà spazio solo per il dilettantismo e la scarsa professionalità , oppure per quelle poche élite, che vivendo di rendita, quindi non avendo bisogno di lavorare, potranno permettersi di dedicarsi a queste arti e mestieri.
Alla faccia della democrazia e della libertà di manifestazione del pensiero!
Valeria,
bravissima hai usato un piglio davvero forte la giustezza delle tue affermazioni
quasi la rabbia giustifuca ogni tua parola
anche a cazzotti è da difendere la tua tesi
Brava Valeria
mi sorprende positivamente ogni tuo detto anche a voglia di pugnare
La societas attuale mi pare purtoppo assonnata o distratta
Brava ancora e tantissimi auguri
dario.
Grazie Dario per l’incoraggiamento e il commento.
Speriamo si creino nuove e giuste opportunità per tutti: sia per i fruitori di opere che per coloro che le creano…
A prescindere dalla sacrosanta e giusta considerazione per chi vive del proprio lavoro, quindi chi scrive, chi pubblica, chi promuove, come abbiamo spesso visto il diritto d’autore è qualcosa di superato e di contradditorio, potrai ricordare Valeria le giuste considerazionin di Flavia Marzano tra le Creative Commons e il copyright, sulle esplicitazioni del fare e non fare.
Non credo per altro che siano gli editori a garatire la qualità degli autori, credo molto di più al giudizio del pubblico, credo che gli stessi editori non garantiscano neppure gli autori. Naturalmente questo non vale per tutti.
Purtroppo però credo che a non voler riscrivere il diritto d’autere siano proprio gli editori e ovviamente la Siae.
Per cui se cercano la fine, probabilmente la strada è aperta, salvo ripensamenti che sappiano conciliare il riconoscimento del diritto d’autore con la necessità della diffusione della cultura.
Ciao Valeria e grazie per la segnalazione
Ho ritrovato qualche giorno fa un articolo sull’inserto domenicale de “Il Sole 24 ore” di circa un anno fa (17/2/2008, curato dda Flavia Foradini) in cui si annunciava la pubblicazione interamente online e senza passare da nessun filtro editoriale dell’ultimo libro del premio Nobel 2004, l’austriaca Elfriede Jelinek. Sul suo sito personale, infatti, è accessibile a titolo completamente gratuito il romanzo “Neid”, cioè invidia, ennesima tappa del confronto della scrittrice con i peccati capitali (www.elfriedejelinek.com). C’è una sola controindicazione per il pubblico italiano e internazionale: il romanzo non è tradotto.
Tralasciando le dichiarazioni sul contenuto del libro-senza-carta (“E’ quasi la prima volta che oso parlare di me stessa e dire ‘Io'”) e sullo stato di salute della scrittrice (“ora le sue apparizioni sono più che rare per via di un’affezione psichica di cui non intende parlare”), sono interessanti le dichiarazioni che l’autrice ha rilasciato sulla forma della pubblicazione. Ad esempio: “nessun lettore o lettrice deve pagare per leggere qualcosa che poi magari non vuole più. Le reazioni non mi interessano. Le pressioni del mercato io non le ho mai avvertite o non le ho mai volute avvertire, non mi sono mai lasciata influenzare.” E siamo disposti a crederle per ciò che riguarda i contenuti e le forme della sua espressione. Non possiamo però fare a meno di notare una ammissione fondamentale con cui si chiude l’articolo: “Col Web non devo niente a nessuno e nessuno deve nulla a me e questo mi dà piena libertà . Naturalmente anche il premio Nobel me lo consente, solo dopo averlo vinto posso permettermi finanziariamente di regalare la mia letteratura”.
La pressione degli avvocati si è fatta sentire: ad un anno di distanza mi è venuta la curiosità di vedere come funziona ora Scrib.com e il sito offre servizi importanti a pagamento. L’iscrizione e la ricerca sono sempre gratuiti, anzi si può anche facilitare la connessione con il proprio profilo su Facebook. Provando a visualizzare un qualunque volume sullo schermo, in effetti lo si può ancora leggere gratuitamente; ma il download in formato .pdf o .txt dei libri ora può avvenire soltanto a pagamento (5$ per 24 ore, 9$ per un mese, 59$ per un anno intero).