Torna a una generazione di distanza il nuovo fantasma di Roth. Anche se si ha l’impressione che non ci abbia mai lasciato. Ma stavolta, almeno sulla parola dello scrittore, esce di scena. Se Emanuel Isidor Lonoff era il fantasma dello scrittore che Roth sarebbe diventato, ora quel fantasma vuole definitivamente dissolversi.
Torna in Roth il colloquio con i testi dei mostri sacri della letteratura, da quello più esplicito e dichiarato de La linea d’ombra di Joseph Conrad a quello più implicito e velato di Macbeth di William Shakespeare. È proprio alla scena del banchetto della tragedia del bardo che l’autore allude nella scena finale del romanzo nel tessere lo pseudo-cechoviano dialogo fra Lui (Nathan Zuchermann, alter ego dello scrittore) e Lei (Jamie Logan, la sua ultima fascinazione), proseguendo l’abile commistione fra drama e novel già sperimentata nei capitoli precedenti. Invisibile a tutti tranne che a Macbeth il fantasma di Banquo entra e siede al suo posto nel banchetto, terrorizzando il re con la sua vista insanguinata; fra la costernazione dei presenti che pensano che la follia gli abbia ottenebrato la mente è Lady Macbeth, che sarà pure presto angosciata dai suoi sensi di colpa, ad intervenire per cercare di salvare le cose. Qui il delitto che si cerca di nascondere è l’incesto di Lonoff con la sorella, il “grande segreto” scoperto dallo spregiudicato Richard Kliman, giovane aspirante biografo del maestro e presunto amante della Logan. All’intraprendente giovane intesa Kliman-Logan si oppone il senile sodalizio fra lo stesso Nathan Zucherman, ormai vecchio e tormentato dalla prostata, e Amy Bellette, amante e compagna del defunto Lonoff, distrutta al cancro ma ancor più decisa di Nathan a preservare integra la memoria del maestro.
È il fantasma di sé che si appalesa a Nathan nel colloquio con Lady Jamie che difende il suo Richard, lo spettro di un vecchio scrittore che pesa sulle sue spalle di vecchio, tormentandolo coi suoi segreti, come dettato un tempo Lonoff ad Amy Bellette “Gente che legge / che scrive, siamo finiti, siamo fantasmi che assistono alla fine dell’era letteraria…” Oltrepassando quella linea d’ombra che segna l’ultimo vestibolo della nostra vita ci si getta nelle braccia della follia: la più vicina di certo ai nostri sensi e di gran lunga la più ragionevole nel loro estinguersi.
Philip Roth
Il fantasma esce di scena (tit.orig. Exit Ghost)
Traduzione di Vincenzo Mantovani
Einaudi 2008
pp. 226, euro 19
Ancora una volta stavo per caderci.
Eh si già ancora ebbi a confonfondere i Roth.
Ricordo l’altro , quello che mi fece sbavare e più volte rilessi:Joseph Roth per la Cripta dei Capuccini
Io nel mio presuntuoso io già ci caddi leggendo l’altro Roth,quello di cui si parla
Trovai disagio senza sapere che stavo leggendo altro
Poi mi accorsi sentii la differenza
Tanta e indimenticata
Ora non posso riprovare a perdonare ,Roth per me rimane Joseph, quello della Cripta.
dario
Ciao Valeria,
se capiti da ste parti desidero sappia che tanti e di più sono i miei auguri per l’anno ed il seguito 2009.
A te per te
dario
Grazie mille, Dario!
Ricambio gli auguri di buon 2009.