Quella notte, Pier Paolo, che moristi
Quella notte, Pier Paolo, che moristi
ero nel ventre caldo di mia madre.
Ventre caldo, ovattato, lunga notte
fatta per nascere a questo dolce lume.
Tu nella notte breve e fredda e scura,
e piena di sangue e di dolore,
tu, feto adulto, vilmente martoriato
nel ventre della nostra antica madre
come un aborto. Tu apostolo abortivo
di un Verbo ch’era nostro e non lo è più.
Tutte le volte che sento quell’amore,
quell’amore chiamato tradizione,
quell’amore forza del passato,
io ti rivedo come un vecchio Pietro
coi nervi indeboliti, ma per quella
Parola tornato sui suoi passi,
come un ossesso, fra Appia e Tuscolana,
a cercare ancora i suoi fratelli,
o come un Socrate misero e impotente
che sa pensare e non filosofare
e che andando da Atene al Pireo,
come un amante che insidia l’amato
invitandolo a cena, nel parlare
lo prega di difendere quei campi
che sono fra il paese e la campagna
con le pannocchie abbandonate. E il prato
fra l’ultima casa ed il vallato.
No, i fascisti non han voluto prendere
quel fardello
e tu non hai potuto
difendere i tuoi nervi indeboliti
e stare al gioco che non hai mai voluto.
E così nel sangue e nel dolore
t’accettò il ventre dell’antica madre,
di cui amavi la carne come un figlio,
– ventre caldo, come quello di mia madre,
che mi teneva con sé – che ti teneva
quella notte, Pier Paolo, che moristi.
Antonio Maddamma
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