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La poetica di Leo Ferré /2

In Italia il nome e l’opera di Leo Ferré sono semi-sconosciuti, la sua discografia introvabile se non in pochi frammenti, rispetto alla sua sterminata produzione… e usar l’aggettivo “sterminata”, in questo caso, non è uno sproposito, poiché Leo Ferré non è stato solamente un poeta, ma è stato cantante, musicista, saggista, romanziere e direttore d’orchestra, e alla sua morte, datata 14 luglio 1993, ci ha lasciato cinquecento canzoni, cinquanta album, due opere, una sinfonia, un oratorio lirico, la messa in musica di cento poemi dei poeti maledetti ed altri poeti (tra cui i “nostri” Cesare Pavese e Cecco Angiolieri), un romanzo, innumerevoli saggi e tre libri di poesia.

Per quarant’anni è stato acclamato in tutta Europa, nonché in Canada e in Giappone, come uno dei poeti e musicisti di maggior statura del nostro Novecento. La critica più esigente ha riconosciuto in lui un fenomeno raro: un puro letterato con il talento smisurato del grande compositore. Folle oceaniche hanno gremito i suoi concerti in Francia, Germania, Portogallo, Belgio e Spagna.

E in Italia, dove ha addirittura vissuto gli ultimi 25 anni della sua vita (a Castellina in Chianti, in provincia di Siena), è pressoché sconosciuto al grande pubblico. È incredibile, ma, come accennato precedentemente, la discografia di Leo Ferré in Italia è limitatissima e non certo di facile reperibilità.

Leo Ferré è stato un poeta scomodo, un provocatore (come lui stesso amava definirsi), ma un provocatore colto, elegante, geniale. I suoi versi sono spesso “candide invettive” (così definite dal cantautore Pippo Pollina) e credo che niente, meglio di queste parole dello stesso Ferré, possa introdurre e predisporre ad una corretta lettura ed interpretazione dell’opera ferréiana:

Penso che solo l’invettiva sia concepibile per un artista, e così anche per un pittore. Quando Gauguin esalta il lilla, nel momento in cui questo colore non c’è, ecco l’invettiva, il rifiuto. Bisogna dire di no, sempre di no, anche quando bisognerebbe dire di sì, perché così si cerca di convincere la gente. Non so se Nietzsche o Dostoevskij ha detto: due più due quattro. Non è male, ma due più due cinque… è più interessante. Questo riguarda la fisica nucleare, tutto quello che non si conosce, riguarda le rette parallele che da tempo si sono congiunte nel cervello di quel gran poeta che si chiamava Einstein. Lui è stato un uomo solo perché era anche lui un poeta, per questo io sostengo di essere un provocatore. Io provoco perché bisogna provocare quelle persone che vorrebbero anch’esse provocare ma non lo fanno perché non ne hanno l’occasione, perché sono vigliacche, oppure non lo sono, ma hanno figli da crescere, un padrone cui sottostare. Io ho il privilegio di poter provocare e ne sono fiero. In fondo questo è il mio solo problema, non esagero, il mio solo mestiere è provocare l’intelligenza della gente. […] Bisogna negare l’evidenza, quando l’idea per la quale si nega questa evidenza è più importante e più evidente che l’evidenza stessa. La menzogna è sempre la verità del mentitore. Avviso ai borghesi e agli altri: io amo tanto negare che il sole si leva a Est o altrove se il sole m’infastidisce.

Racconta Mauro Macario, in veste di regista televisivo:

Proponevo periodicamente degli special su Leo Ferré, mi rispondevano “non fa audience”. Ma in realtà la matrice libertaria delle sue scelte era la vera causa di questa indecente esclusione.

La matrice libertaria di un artista che diceva di sé “sono anarchico da quando ero nella pancia di mia madre”, accostando (si immagini lo sgomento dei benpensanti) il calore e la serenità di un grembo materno al caos dell’anarchia. Ma l’Anarchia di cui parla Ferré non ha nulla a che vedere col caos o con la violenza, è l’Anarchia “con la A grande come Amore”, l’Anarchia che per molti anni ha dipinto attraverso le sue canzoni-poesie (“Les anarchistes” e “Ni Dieu ni maitre” ne son due tra gli esempi più famosi), attraverso quei versi che “devono far l’amore nella testa dei popoli”, attraverso i suoi monologhi e le sue pagine:

l’anarchia è anzitutto un concetto umano, è prima di tutto amore e poi solitudine, perché l’anarchia è la negazione di tutte le autorità. Penso che sia qualcosa di veramente nobile. […] Se la gente conoscesse l’anarchia sarebbe anarchica così come è innamorata”.

E a chi fa finta di non capire e vorrebbe screditarlo, cercando di attaccargli l’etichetta di violento, Ferré spiega:

“Quando parlo di violenza parlo sempre di violenza intellettuale. Non sono un violento nella vita, sono un violento nelle parole perché ciò appartiene alla mia espressività”.

È ovvio, è tristemente ovvio alla luce di queste parole che l’opera di Leo Ferré non abbia trovato lo spazio che meriterebbe presso le case discografiche e le case editrici italiane. Basti pensare alla travagliata storia della pubblicazione del romanzo (l’unico scritto da Ferré) “Benoit Misère”, nella traduzione italiana del professor Giuseppe Gennari (presidente del “Centro Leo Ferrè” di San Benedetto Del Tronto) col titolo “Mi racconto il mare”, che, prima di trovare una casa editrice disposta a pubblicarlo, ha dovuto subire venti rifiuti da altrettanti editori.

Eppure, come scrive lo stesso Gennari, prendendo atto di questa serie incredibile di rifiuti editoriali:

credo che con la morte di Ferré l’umanità abbia perso un genio, l’unico che si sia espresso nel campo della canzone di ogni tempo e paese, dove pur sono fioriti tanti straordinari talenti. […] un genio, e come tale un probabile autore di durevoli novazioni; un genio che ha operato nel campo della poesia e della musica e ha avuto il torto o il merito (i posteri lo diranno) di esprimersi principalmente in quella forma poetica originaria, plasmata in musica e canto, che è la canzone

(continua…)

4 Risposte a “La poetica di Leo Ferré /2”


  1. 1 Michela Mag 25th, 2010 at 2:46 pm

    Ringrazio vivamente l’autore di questo articolo,breve tributo ma di valore,al Grande Poeta Leo Ferrè..che dire soltanto grazie alla sensibilità di chi lo ha scritto per non dimenticare lo struggente pathos e bellezza che il lirismo di Leo Ferrè ci ha donato..donandosi pienamente come uomo e come poeta alla ricerca del senso profondo dell’esistenza,attraverso l’Amore come bene universale di uguaglianza sostanziale e di rispetto umano fra tutti gli esseri senzienti.. andrebbe studiato nelle scuole,nelle università per la profondità del suo pensiero,della sua etica umana..

    Grazie per aver ricordato Leo Ferrè
    Michela

  2. 2 Valeria Bellagamba Mag 28th, 2010 at 6:13 pm

    Grazie mille a te per il commento Michela

  3. 3 giusy Set 13th, 2013 at 11:51 am

    per caso l’ho sentito cantare due giorni fa su rai storia. Sono rimasta affascinata dalla sua canzone “avec le tempe” per cui ho cercato di conoscerlo tramite google. Sì, è stato realmente un poeta, un uomo con concetti principi idee, chiari. Per fortuna ho ascoltato quel giorno una rai che realmente dà la possibilità di conoscere oltre ciò che il potere ci obbliga di conoscere

  1. 1 La poetica di Leo Ferré /1 at LibriSenzaCarta Pingback su Apr 5th, 2007 at 9:23 pm

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