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Nota di lettura a tre poesie di Antonio Maddamma da B’stiulin

In occasione della “Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali” che si è tenuta lo scorso 17 gennaio, il poeta Nevio Spadoni ha scritto una nota di lettura a tre poesie della raccolta inedita di Antonio Maddamma in dialetto senigalliese “B’stiulin” (2021), che ha ottenuto il terzo posto al Premio Nazionale Ischitella-Pietro Giannone XVIII edizione.

Con le parole struggenti di una silloge Antonio Maddamma pennella le dinamiche del vivere nel contrasto tra slanci e strette che la vita impone. I sogni sono come voli di una zizza che per un attimo s’illude di essere libera, ma ben presto si accorge dei lacci che la vita tesse. Così la falena ubriaca inconsapevole di luce si brucia nel bagliore del suo sogno. L’inanellarsi di figure simboliche conducono il poeta ad una disanima, a un bilancio della esistenza che ormai non si nutre più di illusioni e sogni, ma può solo affidarli alle generazioni future.

Viene spontaneo un riferimento al suo corregionale Leopardi là dove il pessimismo si fa radicale tanto da gridare: “O natura, o natura/ perché non rendi poi/ quel che prometti allor? Perché di tanto /inganni i figli tuoi?” La poesia di Maddamma che si nutre di una veste esistenziale, presenta un’alta e raffinata liricità che si esprime con una misura classica, nell’intreccio prevalente di settenari, quinari, endecasillabi. Una voce sicura che si aggiunge alla schiera dei poeti marchigiani, sulle tracce del lirico anconetano Franco Scataglini.

In nom d’ l’amor

In nom d’ l’amor
o p’r amor d’n nom
l’om duenta com
na bendula n-t-l lum,
n’ucèl senza l’ pium
for d’ la cova,
ndo va
‘n buratell d’ fium,
ch’l pesc’ a la ruersa,
annima persa,
ch lassa ‘l dolc’ p’l sal.
Cuscì duenta qual
nun vuria ess ma vol,
prenc’p d’ l’ fol,
e ‘n po’ campa e ‘n po’ mor,
sol p’r amor d’n nom
o in nom d’ l’amor.

In nome dell’amore

In nome dell’amore / o per amor di un nome / l’uomo diventa come / una falena dentro un lume, / un uccello senza le piume / fuori del nido, / dove va / un buratello di fiume, / quel pesce all’incontrario, / anima persa, / che lascia l’acqua dolce per quella salata. / Così diventa come / non vorrebbe essere, ma in fondo vuole, / principe delle favole, / e un po’ vive e un po’ muore, / solo per amor di un nome / o in nome dell’amore.

La bendula e ‘l lum

La bendula n-t-l regn
d’n lum ch’ s’ spegn
ch’ vurìa fa’ la vaga
d’l lum e s’imbriaga
e coc’ le lal e mor
n-t quel ch dic’ amor,
ma me m’ par cumpagna
ma l’annima ch bagna,
ma l’annima ch molla
‘l corp n-t-la pescolla
d’l fium d’ la mort
sa n’occhi apert e stort
e bocca drent’al fum
com si foss ‘n lum.

La falena e il lume

La falena nel regno / di un lume che si spegne, / che vorrebbe fare la vaga / del lume e s’ubriaca / e si brucia le ali e muore / in ciò che lei dice amore, / a me sembra simile / all’anima che bagna, / all’anima che ammolla / il corpo nella pozza / del fiume della morte / con un occhio aperto e storto / ed entra dentro quel fumo / come se fosse un lume.

L’ zizz

Quant’era fiol giugava sa l’ zizz
Co’ en l’ zizz? Ch’l’ b’stiulin rar’
ch’artrovi tra le ros’ a primavera
sa ch la coccia verdulina e dora.
Piava ‘n fil da cug’ da mi zia
e feva ‘n nod d’intorn la t’stulina
d’ ch’la b’stiulina e n’antr d’ intorn
a ‘n deta. E quella, com na frezza, via!
girava su p’l’aria apesa a ‘l fil.
Po’ s’ straccava e si nun la sl’gavi
muriva ancò, ch’i s’ sp’zava ‘l cor.
Adè ch’ so più grand v’ diggh davera
ch’ i sogni en com l’ zizz d’ l’ort, ch’ stracchi,
si nun li lassi vulà via dal cor. E donca
i hai da lassà. Cuscì vol’n ancora
a fà cuntent ‘l cor d’ n’antr fiol.

Le zizze (Le cetonie dorate)

Quando ero bambino giocavo con le zizze. / Cosa sono le zizze? Quelle bestioline rare / che trovi tra le rose a primavera / con la corazza verdolina e dorata. / Prendevo un filo da cucito da mia zia / e facevo un nodo intorno alla testolina / di quella bestiolina e un altro intorno / a un dito. E quella come una fionda, via! / girava su nell’aria appesa al filo. / Poi si stancava e se non la slegavi / poteva anche morire, ché le si spezzava il cuore. // Adesso che sono grande posso dirvi davvero / che i sogni sono come le zizze del giardino, che tu stanchi, / se non li lasci volar via dal cuore. Dunque / li devi lasciare. Così voleranno ancora / a fare contento il cuore di un altro bambino.

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