Per me, e certo per molti, le musiche di Ennio Morricone, creatore di uno stile inconfondibile e percepibile sin dalle prime note, sono state fra le più belle colonne sonore del cinema italiano e mondiale. Un’arte aperta alla ricerca e alla sperimentazione, la migliore attitudine del genio italiano che altrimenti non sarebbe così ammirato, imitato e omaggiato. Senza Ennio Morricone (e senza Nino Rota) non ci sarebbe Nicola Piovani; e non ci sarebbe speranza di altri compositori che provino a calcarne le orme, magari anche per cambiare strada.
Per me poi, e magari per altri, le musiche di Ennio Morricone sono nell’eco dei ricordi: quello di un amore perduto, o anche ritrovato, quelle di un matrimonio celebrato sulle note del theme di C’era una volta in America (Once upon a time in America), le stesse che qualche mese fa pizzicava sulle corde della sua chitarra elettrica un giovane sui tetti di Roma, che oggi sanno fatalmente di un requiem anticipato.
Se una lezione possiamo prendere da Ennio Morricone, anche dal suo auto-necrologio, è di non sbagliare il tempo, di stare sul pezzo e di dirlo, quando c’è ancora, l’amore straordinario di una vita.
(Nella foto: Ennio Morricone a Cannes nel 2012, di Georges Biard, CC BY-SA 3.0, Wikipedia)
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