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Primo incontro

Primo incontro

“Primo incontro” è il tema comune a tutti i racconti contenuti in questa piccola silloge, a cura della Carboneria Letteraria. Per sfuggire ad un fatale destino, come la Shéhérazade de “Le mille e una notte”, i carbonari sono costretti ad inventarsi storie. Quelle storie che gli consentiranno di ingannare la Morte.

Carboneria Letteraria è un movimento involontario nato nel 2003 da uno dei tanti tic di Paolo Agaraff. Come l’Accademia della Crusca, essa si propone il nobile e ambizioso fine di dare lustro alla lingua italiana. I carbonari, infatti, amano la lingua italiana, anche se non sempre si tratta di un amore pienamente corrisposto. La Carboneria conta al momento 17 membri effettivi.

Testi di Paolo Agaraff, Andrea Angiolino, Gaja Cenciarelli, Ramona Corrado, Pelagio D’Afro, Giuseppe D’Emilio, Arturo Fabra, Gabriele Falcioni, Roberto Fogliardi, Biancastella Lodi, Alessandro Papini, Matteo Scandolin, Piernicola Silvis, Lorenzo Trenti.

Primo incontro
Edizioni Cento Autori, Napoli 2007
Autore: Carboneria Letteraria – Collana: Leggere Veloce – Genere: Narrativa
Prezzo: €. 3,00 – Formato: 10×15 – Pagine: 48 – ISBN 978-88-95241-24-1

Per gentile concessione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo di seguito un racconto tratto dall’antologia.

SQUAME AFFIDABILI
di Gabriele Falcioni

Che tristezza.
Un altro viaggio così e mi dimetto.
Noi della Marina Spaziale siamo sempre pronti alle emergenze, ma a tutto c’è un limite. Come in questo tranquillo viaggio commerciale, per esempio.
Prima sono partito con due orbite di ritardo; cosa molto triste, sia per il curriculum che per gli apprezzamenti dei clienti, soprattutto se il problema è l’abitino succinto di una meretrice col nome impronunciabile, infilato nella presa d’aria dei reattori atmosferici.
Poi c’è stato quel buco nero che non era segnato sulle mappe. Sottrarsi all’abbraccio vigoroso di una singolarità crea sempre problemi all’infrastruttura della nave. I danni, poi, mi rendono tristissimo, specie quando li devo riparare senza il necessario e i sensori di navigazione cedono subito dopo e mi ritrovo a tentare un atterraggio d’emergenza su una palla di fango mai vista prima.

Avete mai il sospetto che la Sfiga sia stata dall’ottico e ora vi trovi più interessante degli altri?
Nel mio caso aveva comprato anche una lente olografica: non solo la mia nave non avrebbe resistito al decollo in quell’atmosfera così strana, ma senza riparazioni al reattore sarebbe caduta sul piccolo sole di quel sistema.
Non mi restava che procurarmi qualcosa su quel pianeta. E per quanto riguardava la Prima Direttiva: che finisse pure in un buco nero.
È facile scrivere i regolamenti in pieno relax, in ambienti accoglienti e piacevolmente climatizzati; è quindi comprensibile che l’idea di evitare qualunque tipo di interferenza con le razze aliene suoni ragionevole. Però mi rende oltremodo triste che, in un eccesso di zelo, qualcuno lo consideri un atto irrinunciabile di civiltà, tanto da farne il caposaldo del regolamento della Marina Spaziale, la Prima Direttiva. Penso che al mio ritorno proporrò l’esilio del reparto Regolamenti sul peggior asteroide disponibile.

Era con questo incentivo spirituale che avevo preso il dislocatore di materia e indossato l’olotuta mimetica, per raggiungere inosservato un promettente deposito di materiali fissili.
Arrivare al deposito era stato facile. Gli indigeni non sembravano pericolosi: erano piccoli e distratti dalle loro strane attività, mentre io ero invisibile grazie al campo distorcente dell’olotuta.
Sostituire gli isotopi con materiale inerte di pari peso atomico era stato meno facile, perché il dislocatore aveva la batteria scarica.
Portar via gli isotopi era stata un’impresa, a causa di quella folla di grossi indigeni che correvano su e giù per i cunicoli artificiali del deposito.
Tornare alla nave aveva richiesto una smisurata dose di fortuna, dato che aveva cominciato a piovere e il campo proiettato dall’olotuta stava seminando ovunque un bel po’ di fotoni: ero circonfuso di luce come un’insegna pubblicitaria.

Stavolta quei piccoli indigeni mi avevano notato. E mi avevano circondato.
Mi sentivo osservato da quei loro occhioni rotondi, fissi sulla mia forma luminosa; allora avevo giunto le mani in segno di saluto e avevo detto qualcosa di amichevole, tipo “Come va? Bel vestito”. Poi mi ero accorto che il traduttore universale era guasto (ti pareva?) e me l’ero filata verso la nave.
Mentre stavo lasciando il pianeta, avevo ripensato con tristezza agli indigeni. Temevo di aver rovinato il primo incontro con quella razza, per un traduttore difettoso, poi.
D’altronde ero certo che non sarebbero mai entrati nella Lega Stellare: come fai a fidarti di una razza priva di squame?

(Intanto, sulla palla di fango)

“Non voglio!”.
“Francesca smettila! È tuo dovere”.
“Mammaaa!? Non voglio!”.
“È tuo dovere provvedere alla famiglia, adesso che tuo padre è in galera per la sparizione dell’uranio dalla centrale. E ci servono soldi anche per il mio divorzio”.
“Non voglio!”.
“Smettila. Ho già fissato le interviste: domani pomeriggio con Lieta Novella e venerdì con Sagrada Familia“.
“Non voglio!”.
“Ma insomma! Hai sentito don Dino? Tu DEVI farlo”.
“Ma io non voglio farmi suora!”.
“Devi farlo. Hai incontrato la Madonna! Non vorrai che Nostra Signora ci giudichi creature indegne di fede…”.

Approfondimenti:
Il sito della Carboneria Letteraria
Scheda dell’antologia “Primo incontro”
Recensione su Carmilla
 

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