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Il mistero del Sigillo

Un cadavere sotto il Palazzo del Comune

La realizzazione del Palazzo del Pubblico (come il Comune veniva chiamato a quei tempi) era iniziata dopo che i Senigalliesi ne avevano ricevuto l’autorizzazione da parte di Guidubaldo II della Rovere. Le opere di edificazione si protrassero per oltre 150 anni e si poterono considerare completate solo nel 1754. Uno degli ultimi grandi lavori fu la costruzione dello scalone di accesso al Palazzo, in pietra del Furlo. È facile comprendere come tale realizzazione comportasse anche un interessamento del terreno circostante.

Questi eventi, che sono ormai di generale acquisizione, si collegano con un salto di secoli ad un sorprendente ritrovamento da parte di alcuni ragazzi che frequentano una chiesa sita nella Senigallia pentagonale. I ragazzi, qualche mese fa, avevano notato che un gradino della chiesa era malfermo e, volendo sincerarsi di quanto malfermo fosse, riuscirono a sfilarlo dalla sua posizione. Rimasero a bocca aperta: sotto il gradino, custoditi come in una cassaforte, erano contenuti alcuni scritti, ripiegati e vergati con antica grafia. Un messaggio aveva attraversato più di due secoli e mezzo per essere da questi giovanissimi raccolto.

Così prende avvio la ricerca su quel fatto misterioso e praticamente ignoto, che noi abbiamo etichettato come “Il mistero del Sigillo”.

Sul foglio esterno, che, ben ripiegato, fa da involucro anche ad altri fogli, compare la scritta:
“Impronta di un sigillo o sia medaglia ritrovato di giugno l’anno 1754: nel sito dove fu fatta la nuova scala al Palazzo del Pubblico sopra i portici, e non molto distante da un cadavere spolpato.
Il suddetto sigillo restò in mano del signor Gasparo Arsilli.
”

La grafia, settecentesca, è con ogni probabilità quella di Gasparo, il quale si trovò a gestire il problema posto da questo ritrovamento. Più volte gonfaloniere tra il 1748 e 1768, egli, come la maggior parte dei componenti del suo casato e come altri nobili senigalliesi, era persona colta, il che comportava anche una certa inclinazione all’esame e all’interpretazione di reperti antichi. Gasparo, però, era stato consultato per primo in quanto era sovrintendente anche al lavoro dello scalone.

Con il messaggio di Gasparo Arsilli ci è pervenuta anche l’impronta in ceralacca del sigillo. Essa presenta, entro una cornice a mandorla, una figura stilizzata, in posizione eretta: il personaggio regge nella mano destra quello che sembra essere un pastorale, gli abiti e il copricapo fanno pensare a dei paludamenti ecclesiali. Attorno alla figura sono incise varie lettere che singolarmente sono identificabili; il loro assemblamento, però, è difficoltoso anche perché le parole non sono scritte per esteso ma abbreviate. La comprensione della scritta poneva quindi seri dubbi e problemi.

Impronta del sigillo nel messaggio di Gasparo Arsilli

Siccome l’immagine poteva far pensare ad un vescovo, per la soluzione occorreva ricorrere a persona qualificata sia per dottrina ecclesiastica sia per erudizione. L’Arsilli si rivolse al Vescovo di Osimo, Pompeo Compagnoni. Il referto del Vescovo ci è pervenuto in un foglietto incluso nel plico ritrovato. Il Vescovo avanzava una ipotesi interpretativa che sembrava convincere poco anche se stesso e concludeva: “ma se non è questo, solamente i signori sinigagliesi possono trovarlo, ricercando negli archivi e le altre antiche memorie della città.”. In sostanza dal vescovo non venne alcun aiuto.

Per fare luce sul macabro reperto la comprensione della scritta era chiaramente importante, quale punto di partenza per aggredire il vero problema: l’eventuale identificazione del cadavere spolpato, presente in prossimità del punto nel quale era stato ritrovato il sigillo.
Meritata fama di dotto, erudito e cultore delle antichità godeva l’abate Annibale Olivieri di Pesaro, con il quale tra l’altro l’Arsilli aveva connessioni attraverso i matrimoni che in tempi diversi gli Arsilli e gli Olivieri avevano contratto con membri del casato dei Baviera. Nel plico ritrovato un foglio ci informa che all’Olivieri si deve l’assemblamento delle lettere, la cui collocazione sarebbe:

S FRIS ANDREE PORIS S SABIN D TARQUIN

a significare

Sigillo di Fra Andrea Priore di S. Sabino di Tarquinia

Il sigillo apparteneva dunque ad un prelato di Tarquinia. Gasparo Arsilli, precisato questo aspetto del problema, si chiedeva ancora se ci potesse essere una qualche attinenza tra il sigillo e il cadavere, che giaceva non distante da esso.
A Senigallia non mancavano certo degli eruditi. Tra tutte si staglia la figura del marchese Giulio Carlo Fagnani, uomo di grande fama (fu insignito di numerose onorificenze soprattutto per i suoi studi matematici), di profonda cultura classica, buon poeta. Anche egli venne messo a parte del ritrovamento, come dimostra una della carte incluse nel plico ritrovato. Quanto all’interpretazione data dall’Olivieri, egli sostiene che anziché prioris si deve leggere praeceptoris, e commenta: “È osservabile che il sigillo […] è stato ritrovato vicino alle case soggette alla religione di Malta. Quindi si deduce che Fra Andrea era Cavaliere Gerosolimitano […]. Apparentemente si sarà trovato in Sinigaglia o di passaggio o per affari della sua religione e vi averà lasciato a caso il proprio sigillo, che dopo alcuni secoli comparisce di nuovo alla luce, ed eccita le congetture de’ studiosi dell’antichità.”

Per comprendere l’interpretazione del Fagnani, ricordiamo che quello dei Gerosolimitani è il più antico degli Ordini monastico-cavallereschi. Agli inizi dell’XI secolo era stato fondato a Gerusalemme un ospedale dedicato a San Giovanni Battista. Nell’ospedale curava e assisteva i malati e i pellegrini di Terra Santa una confraternita, alla quale durante le Crociate si unirono anche cavalieri cristiani. La confraternita assunse pure compiti militari, dando vita all’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme, con il duplice obiettivo di difendere la fede cristiana e curare i malati e i pellegrini in Terra Santa. Detti anche giovanniti, ospitalieri, gerosolimitani, essi si diffusero ben presto in tutta l’Europa con il compito di reclutare volontari per la Terra Santa e di gestire ospizi o ospedali locali, dove assistere i fedeli diretti verso i luoghi santi o da essi provenienti. Una struttura di questo tipo era presente anche a Senigallia, dove il suddetto Ordine possedeva degli edifici proprio in prossimità dell’odierna piazza del Comune.

Il Fagnani, nel correggere l’Olivieri, si mostra miglior conoscitore della gerarchia dell’Ordine: il priore è il superiore di tutti i sacerdoti e i cappellani dell’Ordine, mentre il precettore è il responsabile della sola casa ed eventuale chiesa a cui è preposto (in questo caso S. Sabino di Tarquinia). Quanto alle “case soggette alla religione di Malta”, trattasi probabilmente della strutture senigalliesi suddette; la “religione di Malta” è l’Ordine dei Cavalieri di Malta, derivante dall’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni.

Del casuale e macabro ritrovamento avvenuto durante i lavori parla anche Giovanni Maria Mastai nelle Cronache. Il suo racconto fornisce qualche dettaglio sulla scena del reperimento:

“1754 – Nova Scala.
Dopo qualche anno si venne puoi ala fine alla determinazione di farsi la scala che non era mai stata fatta. Nel nuovo Palazzo del Pubblico sopra dei mezzanini al 6 di maggio ne fu dato principio, con disegno del solito Sig.re Alessandro Rossi di Osimo architetto, che già n’ebbe l’incombenza di tutta la nuova fabbrica. Venne tralasciata e poscia riprincipiata li dieci giugno a gettare li fondamenti dalla parte dell’Archi avverso alle case dell’Ospedale per farvi la scala. E venne ritrovato appresso a quelle muraglie un cadavere spolpato. (…) Non lungi (…) circa cinque o sei palmi vi si trovò (…) una medaglia o sia sigillo di metallo, quale consegnata al Dr. Gasparo Arsilli, uno dei deputati che assistono alla fabbrica.”
La medaglia da una faccia “è liscia e dall’altra impronta v’è una figura di Vescovo vestito all’antica ad uso della Grecia, con all’intorno descrittevi diverse parole che dalli Sig.ri Dotti Antiquari è stato interpretato. Tanto l’impronta della medaglia o sia sigillo che la interpretazione sono conchiuse in una scatoletta presso di me, che chi vorrà vederle potrà leggerle per divertirsi”.

Dopo che in casa Mastai fu appagata la curiosità antiquaria dei Senigalliesi colti, la scatoletta e il suo contenuto tornarono in mano dell’Arsilli. Gasparo avrà pensato che, anche se il sigillo era di un cavaliere dell’Ordine di Malta ed era stato trovato vicino a degli edifici di tale Ordine, questo non giustificava un legame diretto tra i due reperti: le conclusioni del Fagnani gli sembravano un po’ semplicistiche. D’altronde egli l’enigma non sapeva risolverlo, e poi aveva tanti affari pressanti di cui occuparsi.

Il provvedimento principale era stato preso: dare degna sepoltura al cadavere, di chiunque esso fosse. Dopo avere deciso di conservare presso di sé “la medaglia o sia sigillo di metallo”, come egli stesso dichiara, fece un bel plico dei pareri scritti consegnatigli dagli eruditi consultati e intelligentemente accluse un’impronta su ceralacca del sigillo. Il tutto lo affidò alla custodia delle pietre di una chiesa. Avrebbe potuto riprendere le ricerche a tempo debito. E se non lui, qualcun altro sarebbe stato in grado di farlo in futuro.
Il futuro di Gasparo Arsilli si è materializzato poco tempo fa nei ragazzi che si trovavano nella Chiesa del centro.

Come nei migliori romanzi gialli la soluzione è ancora aperta. Il plico è stato nascosto nella chiesa da Gasparo o da altri e, nella seconda ipotesi, da chi e perché? A questo si associano altri due quesiti: il sigillo è collegabile al cadavere? perché il morto non era stato regolarmente sepolto in una tomba?

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